Paradossi del genere stanno solo negli incubi di chi ha mangiato peperoni a cena. Mia nonna lo raccomandava sempre: “Niente peperoni la sera, altrimenti farai sogni inquietanti”.

Voglio svegliarmi.
Da questo incubo che diventa ogni giorno peggiore.

L’UNHCR ieri ha chiuso il GDF (il suo centro di transito per l’evacuazione di rifugiati) e ha deciso di interrompere le sue operazioni umanitarie a Tripoli.

La motivazione non l’ho capita. Carlotta Sami, in un’intervista a Radio1, dichiara: “purtroppo a questa struttura è stato creato, vicino, un campo di addestramento per milizie e temiamo che possa diventare un obiettivo militare“.

Anche Jean-Paul Cavalieri, capo missione UNHCR in Libia, scrive la stessa cosa: “Unfortunately UNHCR was left with no choice but to suspend work at the Gathering and Departure Facility in Tripoli after learning that training exercises, involving police and military personnel, are taking place just a few meters away from units housing asylum seekers and refugees” (fonte, comunicato ufficiale UNHCR).

Quale sarebbe questo “campo militare”? Nessuno lo dice.

Io però so che di fronte al GDF, proprio dall’altra parte della strada, c’è e c’è sempre stato il campo di Triq al Sikka che è ed è sempre stato il quartier generale delle milizie pro-Serraj e della polizia. Oltre che un edificio militare, Triq al Sikka è anche un lager vero e proprio, con una cella per le torture.

UNHCR non ha mai espresso preoccupazione per la vicinanza a Triq al Sikka, anzi. Ha deciso di costruire proprio qui il GDF e ha sempre strattamente collaborato con le milizie che comandavano a Triq al Sikka. Una mia amica, dopo un anno nell’inferno di quel lager, tra torture e stupri, ha ricevuto da UNHCR l’ok per l’evacuazione ma non è stata trasfrerita al GDF, è stata lasciata sul pavimento di Triq al Sikka fino all’ultimo, fino a pochi minuti prima di andare in aeroporto.

Perché, solo adesso, UNHCR si preoccupa per i militari a Tripoli?

E perché UNHCR non si è mai preoccupata e non ha mai denunciato che il lager di Tajoura era un deposito di armi da guerra in cui i rifugiati venivano usati come scudi umani?

Paradossi.

I paradossi dell’ONU.

Cosa vuole fare adesso?

Spostare il centro di evacuazione per rifugiati in un paese tranquillo, senza guerra, senza fame, senza torture e senza stupri?
Magari anche senza rifugiati.
Possibilmente in un quartiere ricco, verde e con tanti pub…

Comunque prendiamo l’ormai assodata verità che ci fornisce l’ONU, ovvero che la Libia è un paese pericoloso, a tal punto da NON poterci mandiare neanche personale ONU. E veniamo ai…

Paradossi del Partito Democratico (PD).

Con gli accordi Italia-Libia, firmati nel 2017, l’Italia ha addestrato e finanziato la cosiddetta guardia costiera libica, per lo più formata da quegli stessi trafficanti che dice di voler fermare.

Il risultato sono stati “respingimenti per procura”. Ma ugualmente abominevoli ed illegali. La Corte Penale Internazionale dell’Aja sta indagando sul ruolo di “mandante” dell’Italia nelle deportazioni di uomini, donne e bambini nei lager libici e il procuratore Patronaggio scrive che “la Marina italiana è per i guardacoste libici il reale centro operativo di comando”.

Vi invito a leggere un puntuale e prezioso articolo di Nello Scavo che oggi, su Avvenire, riassume tutto questo.

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/libia-unhcr-chiude-le-operazioni

La Libia è così pericolosa che anche l’ONU se ne va… eppure il PD e il Governo italiano deportano ancora persone nei lager!

Ormai nessuno può dire di non sapere cosa accada in quei lager. Eppure il Memorandum Italia-Libia è ancora in piedi, ancora i soccorsi italiani chiamano la cosiddetta guardia costiera libica ogni volta che scovano un gommone in mare!

Nella storia del nostro paese è già successo. Negli anni 40 del secolo scorso, il fascismo deportava persone nei lager nazisti perché li considerava “diversi”, “indesiderati”. Oggi lo fa il PD.

E dovrebbe smettere.

Questo articolo lo dedico a chi mi invita in giro a raccontare cosa accade in Libia. Sto per iniziare un bel giro per l’Italia.
Ma lo dedico anche a chi cerca di non farmi parlare, a chi nega spazi che dovrebbero essere pubblici e cerca di mettere i bastoni tra le ruote agli organizzatori degli eventi che mi comprendono. Lo faccio perché, poveraccio, sta perdendo!
Infine lo dedico a chi ha sostenuto questo blog nel mese di gennaio e reso possibile la prossima uscita dal Grande Raccordo Anulare. Un abbraccio a: Francesca, Incal Nero, Paola, Mattia, Anna Laura.

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