E’ uscita la giusta sentenza per il caso Vos Thalassa.

Giusta perché, a mio parere, RACCONTA. Racconta tutto l’orrore di ciò che sta avvenendo  in Libia, ad un tiro di schioppo dal mondo che si autodefinisce “civile”. Racconta come questo mondo “civile” sia divenuto complice dell’inciviltà, della tortura e della morte di esseri umani che chiedevano solo di uscire dall’inferno.

Giusta perché assolve i due imputati. Perché il fatto (ribellarsi a chi vuole deportarti in Libia) non costituisce reato.

La sentenza è lunga 70 pagine, ma leggibilissima.

Ve ne consiglio la lettura.
Non racconta solo la storia di due ragazzi coraggiosi che hanno salvato loro stessi e i compagni di viaggio. Racconta anche la storia delle migliaia di esseri umani ricacciati indietro da un’Europa che firma trattati illegali e regala motovedette ai torturatori.

Il caso Vos Thalassa – 8 luglio 2018

Cronologia del fatti:

  • – l’IMRCC di Roma riceve una telefonata che lo avvisa della partenza di una barca di legno da Zwara
  • Roma comunica la cosa alla Guardia costiera libica
  • alle 15:18 il rimorchiatore Vos Thalassa, battente bandiera italiana, che lavora per la piattaforma petrolifera Al Jurf – Oilfield, comunica a Roma di aver soccorso circa 65 migranti.
  • Roma indica alla Vos Thalassa di far rotta per Lampedusa
  • Alle 22:00 Vos Thalassa comunica a Roma di aver ricevuto ordini differenti dalla Guardia Costiera Libica: tornare in Libia.
  • Il comandante della Vos Thalassa inverte la rotta e punta su Tripoli.
  • I rifugiati, sulla nave, si rendono conto che stanno tornando in Libia e si ribellano.
  • un membro dell’equipaggio (per sua successiva ammissione in aula) mente ai rifugiati. Prova a dire che sta tornando indietro solo per soccorrere un altro gommone (in realtà inesistente). Ma capisce che la bugia non ha funzionato e chiede al capitano di invertire nuovamente la rotta.
  • Il capitano torna a far rotta sull’Italia e la protesta si placa.

La ribellione sulla Vos Thalassa

A quanto pare è stata una ribellione che non ha prodotto alcuna lesione. Sono volati solo gesti e parole.

L’equipaggio ha testimoniato che gli imputati avrebbero urlato “No Libia” e fatto il segno di una lama sulla loro gola e indicato il mare. Gli italiani avrebbero interpretato questi gesti come una minaccia: “Se ci portate in Libia vi tagliamo la gola e vi gettiamo in mare”.

Molti testimoni tra i migranti hanno riferito le stesse parole e gli stessi gesti, ma anche il fatto che gli imputati chiedessero a tutti di infilare i giubbetti salvagenti. Gli stranieri avrebbero interpretato i gesti come: “Se ci riportano in Libia ci ammazzano. Buttiamoci in mare”.

Come sarà andata veramente?

Non so. Ma è importante?

Il fatto, in ogni caso, non costituisce reato perché gli imputati agivano per LEGITTIMA DIFESA.

La legittima difesa, tanto invocata dal ministro Salvini quando si tratta di vittime italiane, è un diritto anche degli stranieri, stabilisce il giudice.

La sentenza racconta molto dettagliatamente qual era il pericolo a cui i rifugiati volevano sfuggire, racconta bene gli stupri, le torture, la morte per fame e per malattia che attende tutti coloro che vengono deportati in Libia.

Ma fa anche di più: spiega perché equipaggi e navi italiane non possono riconsegnare migranti alla Guardia Costiera libica. Ciò violerebbe, ad esempio, il diritto dell’uomo a NON essere torturato.

Ma violerebbe anche il diritto a non essere stuprati, come ricorda una testimone.

L’equipaggio della Vos Thalassa non è da ritenersi responsabile per il tentativo di respingimento.

La condotta del capitano della Vos Thalassa, scrive il giudice, è stata “non giusta, ma scusata”. Cioè perdonabile.

Questo perché è stata la Guardia Costiera Libica a dare ordine al capitano di deportare i richiedenti asilo, non è stata una sua decisione autonoma.

Mi è piaciuta molto l’espressione “non giusta”. Si ricollega ad un dibattito, sempre vivo, sulla disobbedienza civile.
Nel mondo militare ci sono casi in cui la disobbedienza ad un ordine iniquo è, non solo permessa, ma addirittura obbligatoria (ne abbiamo parlato per il caso di Catia Pellegrino).  Tra i civili si tende invece a minimizzare la responsabilità personale nell’adesione a regole e ordini inumani. Chi disobbedisce finisce sotto processo, chi obbedisce mai.

In ogni caso è verità processuale che il capitano della Vos Thalassa ha tentato di compiere un’azione NON GIUSTA e che gli imputati lo hanno impedito.

Per ora, è una vittoria.

(AGGIORNAMENTO 2021 e piccola considerazione: siamo sicuri che la condotta del comandante sia stata solo “non giusta” e non illegale? Il comandante della Asso Ventotto, che deportò illegalmente in Libia 108 persone il 30 luglio 2018, è stato condannato ad un anno di reclusione. Credo che il comandante della Vos Thalassa dovrebbe ringraziare i ragazzi che si sono opposti al reato che stava per compiere. Grazie a loro, il comandante NON finirà sotto processo).

Chi sono i ragazzi assolti.

Sono un ragazzo sudanese e un ragazzo ghanese. Due giovani coraggiosi che hanno fatto una cosa giusta, che hanno evitato torture, stupri e la morte a tutti gli uomini, le donne e i bambini che erano sulla nave.

Hanno pagato per questo. Sono stati rinchiusi 8 mesi nelle carceri italiane. La custodia cautelare, da noi, si applica anche agli eroi. Soprattutto agli eroi.

Ho appena telefonato a Francesco Di Giovanna, il bravissimo avvocato del primo ragazzo. L’ho ringraziato e gli ho chiesto di dire al suo assistito questo:

E’ da mesi che racconto la storia dei deportati del 2 luglio, che a distanza di quasi un anno sono ancora chiusi nel lager libici, affamati, stuprati, torturati e anche morti, come Josi. Loro, purtroppo, non avevano te.

Quindi so bene da cosa hai salvato te stesso e i tuoi compagni di viaggio.

Grazie.

Grazie per aver alzato la testa ed esserti ribellato ad un’ingiustizia, grazie per il tuo coraggio, grazie per aver sopportato l’ulteriore angheria italiana: 8 mesi di carcere, additato come un dirottatore…

Per me sei un eroe.

Grazie.

Sarita

Ma non è tutto, mi dice l’avvocato Di Giovanna. I ragazzi hanno anche ricevuto un decreto di esplulsione. Dopo la sentenza, gli avvocati hanno fatto ricorso in autotutela e speriamo che l’espulsione venga fermata.

Speriamo che l’Italia finisca di mettere in prigione chi salva le persone e di applaudire chi manda a morire uomini, donne e bambini facendo propaganda razzista e firmando decreti illegali.

E comunque, dice la sentenza:

L’accordo Italia-Libia non è legittimo e non è valido

La parte più importante della sentenza è a mio parere questa.

Vi ricordate quel memorandum tra Italia e Libia del febbraio 2017? Quello firmato da Paolo Gentiloni e Fayez al-Sarraj, ma ispirato da Marco Minniti, quello che istituiva la SAR libici e dava poteri alla milizia di Al-Serraj (milizia che in Italia viene chiamata “Governo libico”).

Bè, questo accordo, secondo il Tribunale, è da ritenersi:

non legittimo perché non rispetta i diritti umani e la Convenzione di Amburgo
non valido perché non è stato mai ratificato dal Parlamento italiano, come dovrebbe essere ogni accordo internazionale.

Insomma, è carta straccia e puzzolente. Come è giusto che sia un documento del genere in un paese che si ritenga civile. Per colpa di quel terribile documento firmato dal PD e tento apprezzato da Salvini, tanti ragazzi come Josi sono morti, altri come questo mio amico sono stati torturati con la corrente elettrica, tante ragazzine sono state violentate dalle guardie dei lager.

Praticamente tutte le persone di cui racconto le storie e le sofferenze sono state catturate in mare, per colpa dell’accordo Italia-Libia. Se dovessimo fare una class action anche per questo, i “danneggiati” (la parola è troppo tenera e non rende l’idea delle torture, degli stupri e della morte che hanno dovuto subire) sarebbero migliaia.

La faremo questa class action?

Ne parlerò domani agli avvocati dell’ASGI, di cui noi del JLproject abbiamo piena stima e fiducia.

Aggiornamento 1 – 2020:

purtroppo questa sentenza è stata ribaltata in appello

Aggiornamento 2 – 16/12/2021

La Cassazione invece dà ragione ai rifugiati-eroi con una storica sentenza. Scrive: “è scriminata la condotta di resistenza a pubblico ufficiale da parte del migrante che, soccorso in alto mare e facendo valere il diritto al non respingimento, si opponga alla riconsegna allo Stato libico”.

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