Le persecuzioni razziali in Tunisia sono supportate dal Governo Italiano? L’Italia sta aprendo una filiale del sistema di catture in mare e deportazioni nei lager che finanzia in Libia?

Il 21 febbraio 2023, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale, il presidente tunisino Kais Saied ha pronunciato parole razziste e xenofobe. Ha parlato di “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” che sarebbero arrivati in Tunisia “con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”.

Le orribili parole del presidente tunisino, fortemente criticate da tutta la società civile e oggetto di un durissimo comunicato di denuncia di Amnesty International, hanno contribuito ad aumentare le violenze e le persecuzioni razziali in tutta la Tunisia.

La situazione è preoccupante. Nel 2022 c’è già stata un escalation di attacchi contro rifugiati e richiedenti asilo in Tunisia, in particolare nel periodo successivo alla chiusura dei centri di accoglienza temporanea a Zarzis. Ma a fine febbraio, dopo le parole di Kais Saied, folle di razzisti tunisini scendono in strada aggredendo migranti, studenti e richiedenti asilo.

“Un commerciante tunisino ha sparato colpi di pistola verso di me, mentre camminavo con in braccio il mio bambino. L’ho denunciato, ma la polizia non ha fatto nulla”.

La reazione del governo tunisino è durissima, ma non nei confronti degli assalitori, bensì delle vittime: arresta gli stranieri e li espelle. Il 4 marzo il governo di Tunisi si affretta ad organizzare aerei speciali e rimpatria circa 300 maliani e ivoriani. A bordo dei voli ci sono persone terrorizzate dal loro recente passato (le persecuzioni subite in Tunisia) e terrorizzate dal loro prossimo futuro (le persecuzioni che torneranno a subire dopo l’atterraggio).

L’Italia supporta il governo razzista tunisino

Ho perso il conto dei contatti tra il Governo Meloni e il governo tunisino. Tutte le dichiarazioni si assomigliano: “L’Italia chiede maggiori sforzi contro l’immigrazione clandestina” (Tajani), “Proficua cooperazione bilaterale tra i nostri Paesi. Lavoriamo insieme per sviluppo, sicurezza e governo dei flussi migratori, contrastando i trafficanti che traggono profitto dall’immigrazione illegale” (Piantedosi).
Giorgia Meloni ha dichiarato che sta lavorando per “una missione europea che blocchi le partenze in collaborazione con autorità africane” e poi ha aggiunto di voler aiutare economicamente la Tunisia.

Un film (dell’orrore) che abbiamo già visto con la Libia.
La mia paura è che l’Italia stia iniziando a finanziare in Tunisia lo stesso sistema di deportazioni su base razziale che gestisce allegramente in Libia.
Di sicuro l’operazione europea di cattura in mare di migranti in partenza dalla Tunisia è già iniziata. Possiamo osservarla dall’alto.
Questa è una foto di ieri – 23 marzo.

Come vedete, di prima mattina Frontex ha schierato ben 3 aerei: Osprey 2, Osprey 3 e AS2132, che è un drone. Sono anni che gli assetti aerei Frontex vengono fatti decollare prima dell’alba per intercettare i barconi in SAR libica e trasmettere le coordinate ai libici. Cosa illegale – nel mondo civile europeo almeno – per cui ci sono e ci saranno migliaia di cause legali. Nell’ultimo anno Frontex ha delegato in modo abbastanza costante uno dei suoi aerei al pattugliamento dell’area di fronte alla Tunisia. Lo vediamo anche nel tracciato di ieri di Osprey 2.

Piccola nota: nella giornata di ieri in quell’aerea è avvenuto un brutto naufragio: 5 morti e 28 dispersi. Non ho ancora i dettagli, ma al JLProject stiamo indagando per capire se l’aereo di Frontex aveva individuato la barca e se e chi ha avvisato.

La Tunisia per i migranti era un cul-de-sac, ma pur sempre un rifugio. Cosa è cambiato?

In questi anni ho conosciuto diversi rifugiati che, nel loro lungo e pericoloso viaggio verso la salvezza, sono transitati per la Tunisia. Ricordo soprattutto quattro amici eritrei che da una casa di Tunisi nel 2019 mi aiutarono ad indagare sul caso Asso Ventinove. Fuggiti dai lager libici, erano riusciti a passare il confine con la Tunisia e a rifugiarsi nella capitale. Lì chiesero aiuto all’UNHCR, che li sostenne per alcuni mesi (di norma UNHCR fornisce ai rifugiati in Tunisia un aiuto economico per 3 mesi: 74 euro al mese, totale 222 euro. Poi basta), ma poi lì abbandonò al loro destino. Dove sono finiti? Tre, ho saputo, sono tornati in Libia, sono saliti su una barca e sono riusciti a raggiungere l’Europa. Il quarto… si è innamorato di una cooperante europea e l’ha sposata.

La Tunisia per i migranti era un luogo dove potevano curarsi le ferite, fisiche e psicologiche, dei lager libici e sopravvivere per qualche mese. Ma era anche un vero e proprio cul-de-sac: niente evacuazioni, niente barche. Fino a qualche anno fa sui barconi salpati dalle coste tunisine e approdati a Lampedusa si trovavano quasi esclusivamente cittadini tunisini.

Poi qualcosa è cambiato ed i migranti hanno iniziato ad imbarcarsi anche dalla Tunisia.

Secondo dati ufficiali italiani, nel 2022 sono arrivati ​​in Italia clandestinamente dalla Tunisia oltre 32mila migranti, di cui solo 18mila tunisini.

Ieri il portavoce della criminalità libica ha raccontato su Twitter che in 24 ore la guardia costiera tunisina ha catturato in mare 2034 persone su 30 diverse barche: 2025 erano migranti subsahariani e soltanto 9 erano tunisini.

In passato la guardia costiera tunisina teneva a freno le partenze delle barche dirette in Italia. Oggi non lo fa più. Perché? I porti di partenza sono sempre gli stessi. Perché oggi permette ai trafficanti di organizzare viaggi? Chi sono questi trafficanti? Noi sappiamo che sono cittadini tunisini, ma in che rapporti sono con la guardia costiera della Tunisia? L’esperienza libica ci insegna che un sistema di imbarchi illegali NON può essere portato avanti senza accordi con le forze dell’ordine locali.

Assieme alla possibilità di imbarcarsi, in Tunisia è arrivato anche qualcos’altro: razzismo, violenza.

E’ il modello libico: il migrante odiato e considerato un essere inferiore, ma anche sfruttato economicamente e fisicamente, nella totale impunità conferita dal governo.

Chi sono i rifugiati che si trovano oggi in Tunisia?

In queste settimane mi hanno contattata molti rifugiati. Alcuni li avevo conosciuti quando erano in Libia, altri sono nuovi, hanno letto il mio blog e pensato di scrivermi per raccontare i terribili momenti che stanno vivendo.

Ahmed (nome di fantasia) è del Sudan. Arrivato in Libia nel 2018, catturato due volte in mare, deportato nei lager libici, sopravvissuto, è una di quelle persone che lotta e continua a sperare in un futuro migliore. Mi piace. Negli anni terribili della Libia si è anche innamorato, di una rifugiata come lui. Assieme, tra mille difficoltà, sono riusciti a sopravvivere e a fuggire assieme in Tunisia. Credono nel futuro e se ne sono costruiti un pezzettino quando sono nati i loro due bambini.

Questa famiglia bellissima, di nazionalità evacuabile, con bimbi di uno e due anni, secondo le regole dell’ONU dovrebbe essere in cima alla lista di evacuazione in Europa. Invece l’UNHCR di Tunisi l’ha “dimenticata”.

Secondo l’UNHCR in Tunisia nel 2021 c’erano 8850  rifugiati e richiedenti asilo. C’è da precisare che i migranti in Tunisia sono molti di più, perché l’UNHCR considera “rifugiati” soltanto persone di 9 nazionalità (prima erano 7) da loro considerate meritevoli di vivere. Gli altri sono considerati “migranti economici” e dimenticati. In realtà le regole dell’UNHCR prevedono di includere nella protezione anche persone vulnerabili di nazionalità altre, ma nella pratica non è così. In Libia per esempio lo staff di UNHCR ha escluso dalla protezione le donne vittime di tratta. Io ho più volte denunciato questa pratica informando la sede centrale di ciò che avveniva e fornendo i nomi dei membri dello staff libico di UNHCR che non rispettavano le regole, ma nulla è successo.

Va bene, direte, ma almeno l’UNHCR di Tunisi si dovrebbe occupare di chi considera meritevole di evacuazione. 8850 persone non sono tante. Si possono ricollocare in Europa. Perché le ha abbandonate?

La protesta dei rifugiati in Tunisia davanti alle sedi di UNHCR

I migranti protestano davanti agli uffici di UNHCR, a Tunisi e a Zarzis. Chiedono diritti ed evacuazione in altri Paesi.

A Tunisi hanno anche organizzato un presidio, con tende da campeggio.

Come è accaduto in Libia, l’UNHCR ha reagito male e chiamato le forze di polizia tunisina. Le stesse – denunciano i rifugiati – che postano sui loro social network ufficiali frasi simili a quelle del presidente tunisino Kais Saied aizzando la popolazione alla caccia all’immigrato.

Questo video me lo hanno mandato i miei amici da Tunisi:

L’unica nota positiva in tutta questa storia è che anche in Tunisia i migranti si sono uniti. Ho scritto migranti e non rifugiati perché l’esperienza dei Refugees in Libya, il movimento di Tripoli, è riuscita a contrastare culturalmente chi (= l’ONU!) li voleva divisi – i “rifugiati” di 9 nazionalità contrapposti ai “migranti economici” di tutte le altre, esseri superiori ed esseri inferiori, i primi meritevoli di esistere, i secondi no – e a spargere in tutto il mondo la giusta verità: chi fugge dal proprio paese affrontando l’inferno è unessere umano uguale a me ed ha diritto ad un futuro.

Questo articolo è dedicato a TUTTI coloro che fuggono dal proprio paese nella speranza di un futuro migliore. Non la perdete, quella speranza, perché fa parte di voi e prima o poi vi condurrà in un luogo sicuro.

https://twitter.com/RefugeesinLibya/status/1638485971002970119?s=20

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