Troviamo le vittime dei respingimenti in Libia restituendo loro il diritto di fare causa al governo che li ha deportati nei lager. L’opposizione al Memorandum è già arrivata nei tribunali. Abbiamo già iniziato.
Gli accordi con la Libia possono essere cancellati in Parlamento, ma i parlamentari italiani non vogliono farlo perché reputano conveniente fornire manodopera schiava ad un paese straniero.
Io ho scelto di attaccare gli accordi Italia-Libia non in Parlamento, ma nei tribunali.
Il piano del collettivo Josi & Loni Project, di cui faccio parte, prevede un numero impressionante di class action, migliaia di cause di risarcimento che faranno dubitare il governo e i cittadini italiani che respingere e deportare illegamente la gente nei lager libici sia conveniente.
Utopia? No. Un piano serio, che ha già funzionato in passato (facendo causa, avvocati e attivisti sono riusciti a fermare le deportazioni con navi militari e navi cargo italiane!). Un piano già avviato, le prime cause sono già in tribunale. Un piano legale, nel nostro paese e nel nostro continente sono i respingimenti cololettivi ad essere illegali. Infine, un piano giusto, che restituisce dignità e diritti ai respinti in Libia e ai parenti di chi è morto a causa dei respingimenti in Libia.
Josi, da cui prende il nome il collettivo, è morto di stenti sul pavimento del lager libico di Zintan dopo essere stato catturato in mare e deportato lì da una nave battente bandiera italiana su ordine della Marina Militare italiana.
Cosa facciamo? Ritroviamo le vittime dei respingimenti in Libia.
Per ogni respingimento illegale in Libia cerchiamo le vittime, le troviamo e dimostriamo che erano lì.
E’ un lavoro pratico, concreto, anche faticoso. Però lo so fare. So insegnarlo agli altri. Ritrovo persone che sono ancora in Libia oppure che sono riuscite a fuggire e si trovano lontanissimo, in Svezia, in Canada, oppure che vivono vicino casa mia. Le ritrovo una per una. Trovo prove della loro presenza nel caso. Trovo avvocati disposti ad aiutarle pro bono a far valere i loro diritti.
La ricerca si estende in tutto il mondo ed è facilitata dalla rete, enorme, di migranti e rifugiati che conosco e dalle metodologie di indagine forense che ho imparato in questi anni.
E’ un lavoro lungo eppure terribilmente appagante. Sopisce il mio senso di impotenza. Ci sono io con una piccola picozza, infliggo quotidiani colpetti al muro di un sistema gigantesco di deportazione e omicidio su base razziale, la più grande violazione dei diritti umani di questo secolo. Un colpo alla volta, una persona alla volta. Ci vorrà tanto tempo e tanto sforzo, ma certamente, alla fine, il muro crollerà.
Certo, se a colpire fossimo in più persone, il muro crollerebbe prima…
Le prime 277 cause per il caso Asso Ventinove
Delle 276 vittime del caso Asso Ventinove (277 con Loni, che era nella pancia della sua mamma) ne abbiamo ritrovate quasi la metà.
Alcuni dei respinti hanno già fatto causa al governo (italiano) che li ha illegalmente respinti e deportati nei lager libici. Hanno chiesto un risarcimento e il diritto a tornare in Italia a presentare la domanda di asilo (quel diritto che l’Italia ha violato deportando in Libia persone che erano una nave italiana in acque internazionali, cioè in territorio italiano). Tra due settimane ci sarà un’udienza.
Stiamo anche cercando i genitori di chi è morto nei lager libici a causa della deportazione: Josi, Seid e almeno altri 6 ragazzi.
Due mesi fa siamo riusciti a salvare Malik dal lager libico di Ain Zara in quanto vittima del caso Asso Ventinove. E’ stato evacuato legalmente e ora è in Italia. Stiamo cercando di salvare altri.
In questi anni il Memorandum ha pianificato, armato e favorito i respingimenti in Libia, che sono illegali. Ha anche ha pianificato, armato e favorito la cessione di manodopera schiava ad un paese straniero.

I libici da soli riuscirebbero a catturare meno del 10% delle barche in fuga dalla Libia.
Il governo italiano finanzia, addestra, regala motovedette, gestisce il coordinamento di eventi SAR di respingimento di stranieri in Libia. Le vittime vengono consegnate al sistema di sfruttamento di manodopera schiava del governo libico (normato dalla legge libica 19/2010 – detenzione a tempo indeterminato con lavori forzati). Oltre che aberrante, tutto questo viola le leggi italiane ed europee. E’ per questo motivo che va portato in tribunale.
Le vittime sono persone, con una storia, un nome, il diritto di avere un avvocato e fare causa all’Italia per ciò che hanno subito.
Volete aiutare?
Il JLProject attualmente segue 6 casi di respingimenti in Libia e ha un gruppo di ricerca attivissimo. In questo periodo stiamo formando nuovi volontari. Lavoriamo online. Contattatemi in fretta se volete essere dei nostri.
A volte cacciamo circolare appelli e foto per la ricerca mirata di persone. Seguiteci su questo blog e sui social, condividete i nostri appelli.
Tra poco il Parlamento italiano voterà per rinnovare il Memorandum con la Libia. Io sarò in piazza per protestare. E’ importante esserci e ci sarò.
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