Vi racconto la storia di un paio di scarpe. Arriva da un lager libico del governo di Tripoli, con cui l’Italia fa affari.
Salvini e la bufala del migrante “bello robusto”
Sono anni che Salvini utilizza la bufala del migrante “bello robusto”. Ci ho scritto in passato 2 tutorial per zucche vuote:
- il primo sul business degli smartphone gestito dalle guardie dei lager libici finanziati dall’Italia.
- il secondo sul cibo nel lager libici.
Oggi Salvini, proseguendo sulla stessa linea, afferma: “Molti hanno telefonino, scarpe, catenina, orologino”.
“Arrivano con le scarpe” sostiene Salvini…
Vi racconto la storia di un paio di scarpe
State tranquilli, questa storia non ha nulla di futile.
Metterò alcune fotografie. La prima è questa:

Liliana Segre racconta che ad Auschwitz i nazisti assegnavano ai prigionieri scarpe spaiate e di misure diverse. Sadismo. Si camminava nella neve con una scarpa con il tacco ad un piede ed uno stivale all’altro…
… oppure si doveva lavorare per 20 ore con due ciabatte diverse.

Ma questa seconda foto non è del 1944. È stata scattata tre anni fa, in Libia.
La storia che voglio raccontare è quella del ragazzo che ha indossato queste ciabatte.
Tutto inizia nel Mediterraneo, quando una motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica (pagata da noi italiani!) cattura un gommone di rifugiati.
Nel gommone c’è gente che ha tentato il mare già 5 volte. C’è anche il giovane Sebastian, che assieme ai suoi compagni di sventura viene condotto davanti ad un giudice a Tripoli. Un processo “regolare”, ma alla libica, ovvero “Se sei straniero non hai diritto ad un avvocato difensore” L’accusa è “immigrazione clandestina”, anche se Sebastian dalla Libia stava cercando di uscire. C’è una legge, la 19/2010, la pena è la reclusione a tempo indeterminato (quindi anche a vita) con lavori forzati.
Quel giorno la condanna per Sebastian è 2 anni di reclusione. Così Sebastian viene portato nel carcere ordinario di Tripoli. Quello dove dovrebbero essere rinchiusi assassini e violentatori. Ma gli assassini e i violentatori sono quelli che hanno catturato Sebastian, stanno fuori dal carcere. Dentro ci sono moltissimi rifugiati, che non hanno mai fatto azioni violente. Il carcere ordinario di Tripoli, comunque, è solo un luogo di passaggio. Si rimane lì fino a quando si viene “scelti”.
Sebastian viene scelto una mattina. Trasferito, torturato. Poi rivestito alla meno peggio. I soldati libici del Governo di Al Sarraj gli assegnano le ciabatte diverse che vi ho mostrato.
Lavorare. 20 ore al giorno. Marciare, scaricare casse di armi, spostare mattoni. Tutti i giorni.
La mamma di Sebastian lo crede morto in mare.
Anche le mamme degli altri schiavi che sono con Sebastian credono che i loro figli siano morti. In tutto l’iter cattura-deportazione-processo-prigione-riduzione in schiavitù non è stato concesso loro di chiamare un avvocato, figuriamoci la mamma!
Grazie alle motovedette italiane, la Libia usufruisce di migliaia di schiavi invisibili.
Sebastian indossa queste scarpe il giorno che coglie al volo la disattenzione di un miliziano armato e, finalmente, riesce a scappare.
Corre come il vento con queste ciabatte. Ce la fa! Riesce a raggiungere un amico, che gli offre protezione e fa una foto alle sue scarpe.
Queste:

FINE DELLA STORIA
Come questa, ho altre storie, tante, di gente con e senza scarpe. Io e il JLProject abbiamo raccolto centinaia di dossier di testimonianze, fotografie e altre prove. Mi piacerebbe condividerle con voi.
Potrei ad esempio postare una foto del respingimento illegale Asso Ventinove, operato in segreto dal governo italiano quando Salvini era ministro dell’Interno (un bimbo di 5 anni gli ha fatto causa per questo). Eccola:

Quante scarpe vedete?
O qualche foto di un caso su cui stiamo lavorando in questi giorni:

Qui gli unici con le scarpe sono gli impiegati di UNHCR.
Ne ho tante, tante, tante di queste foto. Ricordo quando il mio amico Antony venne evacuato dalla Libia. Era febbraio e arrivò all’aeroporto in ciabatte. L’amico Aldo gli comprò un paio di scarpe.
E’ ignobile doversi giustificare perché si possiede o non si possiede un paio di scarpe. E’ ignobile che un ministro continui a fare propaganda contro gente allo stremo.
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