Giornata della Memoria 2020: i lager libici eredi dei lager nazisti.

La Giornata della Memoria cade un giorno prima del mio compleanno e ogni volta serve a ricordarmi che non ho dimenticato, anzi, che non posso dimenticare. Ciò mi è stato, sempre, chiarissimo.

Tutti i ragazzini immaginano di trovare una macchina del tempo e fare dei viaggi all’indietro. Chi tra i dinosauri, chi nella Roma imperiale… Io ho sempre sognato di tornare nel passato e impedire l’Olocausto. Di provarci, quantomeno, anche a costo di fallire. Strano sogno, per una ragazzina. Questo pensiero mi ha accompagnata per decenni. Poi è uscito “Inglorious bastards” e mi sono sentita meno sola: anche Quentin Tarantino aveva la stessa fantasia.

Fantasia.

La verità è che tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo chiesti: “Avrei lottato per difendere quelle persone, se fossi stato lì?”. Ma abbiamo rinunciato a risponderci.

Help me, Sister” mi ha scritto un ragazzino un anno fa, dal pavimento di un campo vicino Tripoli. Era ridotto ad uno scheletro, immerso in un ammasso di corpi nelle stesse condizioni. Il suo migliore amico era appena morto, per malattia e denutrizione.

La Storia si ripete e la Vita risponde alle nostre domande.

Dopo un anno a seguire i rifugiati deportati ed imprigionati nei lager libici, posso scrivere oggi questo articolo e posso confermarvi che sto usando le parole giuste: lager, deportare.

I Lager libici di OGGI e i lager nazisti di ieri: pericolose analogie.

Un anno fa ho iniziato ad usare la parola lager per definire i campi libici per migranti. La stampa e la politica italiana li chiamava in altro modo, addirittura qualcuno usava l’edulcorato “centri di accoglienza”.

Nella primavera 2019 sono stata attaccata in rete per l’utilizzo della parola lager. C’era chi mi accusava di offendere la memoria dell’Olocausto. Del resto, le notizie che arrivavano dalla Libia erano pochissime. UNHCR e IOM pubblicavano bollettini sulle presenza nei campi omettendo le morti. A leggerli, si aveva l’idea che nessuno fosse mai morto lì dentro. Iniziai a contare i morti, soprattutto nei lager finanziati dall’Italia (Tarek al Mattar, Triq al Sikka, Tajoura). Scoprii che si moriva di fame e malattia, agonizzando sul pavimento senza alcuna assistenza medica. Poi, in seguito, scoprii che si moriva anche in altro modo: giustiziati dalle guardie per aver rifiutato i lavori forzati.

Adesso molti usano la parola lager. E si inizia ad usare anche il giusto verbo deportare al posto di quello sbagliato, “riportare”.

“Le cose si riportano. Le persone si de-por-ta-no” spiegano i personaggi di Solidarancia.

 La memoria dell’Olocausto deve servire affinché la Storia non si ripeta più. Io credo che ora la Storia si stia per ripetere. In nome di questa memoria, ho scritto l’elenco qui sotto.

Il sistema dei lager libici è all’inizio, non è (ancora) la macchina di sterminio nazista. Ma lo diventerà presto, se non lo fermiamo! Ci sono già esecuzioni di rifugiati. Per esempio a Tajoura.

ANALOGIE tra lager libici e lager nazisti

PUNTO PRIMO: le vittime sono “gli altri”.

Vieni deportato, imprigionato, torturato e ucciso perché sei nato “altro”. Ebreo, rom, eritreo, sudanese, nigeriano, nuer, luo…

Come nel secolo scorso, il diritto alla vita cessa di essere un diritto di tutti i vivi e diventa diritto solo di alcune categorie.

PUNTO SECONDO: lo sfruttamento economico delle vittime.

I nazisti ieri, come i libici oggi, GUADAGNANO SOLDI dalla sofferenza e dalla morte delle loro vittime.

I libici lo fanno in 3 modi:

  • 1) lavori forzati. L’intera economia libica è oggi basata sul lavoro di schiavi stranieri. I migranti rinchiusi nei lager vengono costretti a lavorare dalle guardie, anche all’esterno. A Tripoli, per costruire una casa, c’è chi ricorre alla manodopera dei lager. Le paghe vanno alle guardie. Fuori dai lager, normali cittadini libici catturano persone per venderle o farle lavorare come schiavi nelle loro case. Guardate questo magnifico intervento di Luca Casarini che denuncia l’intera economia libica basata sulla schiavitù.
  • 2) furto dei beni. All’arrivo nei lager, le guardie rubano ai rifugiati tutti gli oggetti di valore.
  • 3) finanziamenti europei al sistema dei lager. La Libia incassa milioni e milioni di euro direttamente dai governi europei per bloccare i migranti.

Come ricorderete, lavori forzati e furto dei beni arricchivano anche i nazisti.

Il finanziamento da parte di altri paesi è invece una novità.

PUNTO TERZO: il CIBO. Previsto per tenere in vita le persone “solo provvisoriamente”.

Nei lager nazisti l’alimentazione dei prigionieri era prevista per tenerli in vita “solo provvisoriamente”, quel tanto che bastava per farli lavorare fino all’arrivo di forze più fresche.

Il cibo era quasi totalmente privo di proteine. I tedeschi avevano calcolato che un prigioniero, con le sue risorse di adipe di prima della deportazione più la scarsa alimentazione del campo, poteva sopravvivere due o tre mesi. Non di più. Ed era quello che gli bastava.

Questa è una ricostruzione del cibo giornaliero somministrato ad Auschwitz:

Al mattino un liquido che non era né tè né caffè ma un infuso di erba senza neanche lo zucchero.
A mezzogiorno una zuppa liquida fatta con verdure rancide e immondizia. I prigionieri la chiamavano “zuppa a sorpresa” perché spesso vi si trovava dentro di tutto, compresi chiodi, bulloni, terra.
Alla sera un pezzo di pane e un cucchiaino di margarina o marmellata.
Basta.

Auschwitz Birkenau. Dimenticare lo sterminio fa parte dello sterminio.

Anche nei lager libici il cibo è assolutamente privo di proteine!

Si mangia una volta al giorno e sempre la stessa cosa: pastina lessa. Unico condimento: sale.

Qui trovate tutte le foto del cibo somministrato in vari lager libici ufficiali dell’area di Tripoli.

Comunque questo sotto è il pasto giornaliero a Zintan da dividere in 2 persone:

Questo è invece Tajoura (da dividere in 7 persone, ma anche in 10 certe volte):

cibo nei lager libici

Segnalo anche che a volte il cibo non viene dato proprio. A Zintan sono stati anche 7 giorni senza mangiare.

PUNTO QUARTO:  il collaborazionismo di altri Paesi (primo tra tutti l’Italia)

I lager nazisti erano un sistema costruito da un solo paese (la Germania) per sterminare determinate categorie di persone (ebrei, rom, omosessuali). Era un sistema facilitato e fiancheggiato da altri Paesi. I nazisti da soli non sarebbero riusciti a deportare e uccidere tutte quelle persone. L’Italia, anche allora, partecipò attivamente organizzando le deportazioni.

I lager libici tripolitani sono oggi un sistema realizzato da un Paese (la Tripolitania) ma commissionato e fiancheggiato da un continente (l’Europa) al fine di bloccare (con ogni mezzo, anche la morte) persone provenienti da un altro continente (l’Africa). L’agenzia europea Frontex fornisce aerei e droni spia per individuare e catturare i fuggitivi. L’Italia partecipa attivamente fornendo motovedette e soldi alla cosiddetta Guardia Costiera Libica per catturare i fuggitivi e ha organizzato (in segreto, perché illegali) almeno 4 deportazioni con sue navi da acque internazionali nei lager libici. I casi (Hirsi, Orione, Asso Ventotto, Asso Ventinove) sono finiti in tribunale.

PUNTO QUINTO: violenza, morte, terrore e altri orribili particolari.

Il terrore, nei lager libici, passa attraverso vari stadi, fisici e psicologici, che comprendono torture indicibili. Non ci sono camere a gas, ma in ogni lager libico c’è una sala delle torture chiamata “underground”. E’ l’anticamera della morte. La cella delle torture di Tajoura ha addirittura una sedia elettrica: è una sedia con elettrodi e legacci per bloccare i torturati. Uno dei miei amici è stato torturato così alcuni mesi fa.

La cella delle torture è un elemento architettonico dei lager libici.

Altro punto in comune è la fucilazione dei fuggitivi. Quando qualcuno scappa da un lager libico, le guardie lo rincorrono sparando. Molti rifugiati sono morti così.

La morte e la tortura non sono celate, anzi, le guardie non ne fanno mistero.

Ho contato diverse esecuzioni a Tajoura: c’è chi è stato fucilato per aver rifiutato i lavori forzati e chi per aver rifiutato di andare a combattere in guerra. Ho i loro nomi.

Ci sono, poi, dettagli davvero precisi e orribili.

L’utilizzo di KAPO’.

Nei lager libici ci sono rifugiati che lavorano per le guardie. Veri e propri kapò. Hanno privilegi e sono infidi. Ma qualche volta sono anche capaci di ribellarsi e di aiutare i loro compagni.

Il CANADA

Nei lager libici (per esempio a Tajoura) è architettonicamente previsto un grande magazzino. In questo spazio le guardie stipano tutti i beni rubati ai rifugiati. Tutto è in vendita. E’ impossibile, per me, non pensare al “Canada” di Auschwitz.

Il numero

Nei lager libici spariscono i nomi. La gente viene numerata. Sei il tuo codice. 149-18Co3666. Il tuo indirizzo all’inferno, deciso da UNHCR.

Di analogie, ce ne sono moltissime. Ma vediamo anche le…

DIFFERENZE tra i lager libici e i lager nazisti

I libici (fortunatamente) non sono l’esercito nazista, sono piuttosto un’accozzaglia di milizie multicefale. Ogni milizia pensa prima a sé. E questo li condanna ad un’irrisolvibile disorganizzazione che crea falle nel sistema di sterminio da loro ordito.

Così, ad esempio, in alcuni lager le guardie libiche si sono messe a vendere telefoni cellularii ai rifugiat e il Mondo ha saputo.

E’ anche vero che il Mondo ha avuto un’evoluzione dal secolo scorso. Un’evoluzione tecnologica, ma anche morale.

La RESISTENZA all’interno dei lager libici è forte.

Nei lager libici i rifugiati comunicano tra loro, si organizzano, lottano assieme. Hanno dei leader, persone coraggiose che pensano prima ai più deboli, donano agli altri il loro cibo.

Nei lager libici si lotta e si spera, nonostante il buio.

Questo i libici non sono riusciti a spezzarlo. Questo, nell’orrore, è ciò che ci fa andare avanti.

Ho scritto CI, non è un refuso.

La grande, enorme, differenza tra i lager libici e i lager nazisti è proprio questa: il mondo sta comprendendo OGGI che nei lager non stanno uccidendo “altri” ma stanno uccidendo “NOI”.

“Solo una parte del mondo lo capisce” obietterete. Il resto, i sovranisti, i salviniani, i grillini, i sostenitori degli accordi Italia Libia (= il PD!), continuano ad occultare la verità e ad organizzare attivamente o passivamente deportazioni nei lager.

E’ vero, ma voi siete qui a leggere questo articolo e migliaia di attivisti oggi sono impegnati, come me, a raccontare queste cose, a denunciare, a seguire casi di persone, una per una, con i loro nomi.

Migliaia di persone hanno capito che non ci sono ancora camere a gas nei lager libici e che abbiamo ancora il tempo di salvarci.

Avrei lottato per difendere quelle persone, se fossi stato lì?

Migliaia di persone hanno trovato la risposta a questa domanda.

Siamo qui, OGGI, nella Giornata della Memoria, a lottare per difendere l’umanità, ovvero noi stessi.

Dedico questo articolo, e questa speranza, a tutti gli attivisti che si fanno domande e si danno risposte.
Un particolare grazie a Teresa, Duilio e Liliana che hanno recentemente sostenuto il blog.

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Questo articolo ha 3 commenti

  1. Duilio Donfrancesco

    Grazie per il tuo impegno

  2. Elisa

    Com è possibile che non si riesca a fermare questo orrore!
    Perchè l Europa, ben sapendo continua a finanziarlo?
    Cosa si può fare?

    1. sarita

      Belle domande, tutte.

      Per il cosa si può fare, la risposta ce l’ho: quello che noi attivisti stiamo facendo adesso. Solo, di più!

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