Il Tribunale civile di Roma ha recentemente emesso una storica sentenza sul caso della nave Orione, uno dei respingimenti collettivi (illegali) verso la Libia operati dal Governo italiano: i rifugiati respinti hanno diritto a tornare legalmente in Italia per ripresentare la domanda di protezione internazionale.
Il Tribunale ha riconosciuto che l’Italia ha violato l’articolo 10 della sua stessa Costituzione, dove c’è scritto:
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Almeno fino al mese di luglio 2018, l’Italia ha compiuto respingimenti collettivi con navi battenti bandiera italiana. A volte lo ha fatto in segreto, come nei casi del 2 e del 30 luglio 2018.
Oggi sappiamo che chi è stato respinto illegittimamente in Libia ha diritto a tornare in Italia. Io, assieme al JLProject, sono al lavoro per ritrovare tutte queste persone e aiutarle, legalmente, a fare causa per vedersi finalmente riconosciuto quel diritto negato. Non è facile rintracciarle tutte, ma pian piano ci stiamo riuscendo. Molte sono ancora sul pavimento di terribili lager libici, privi del diritto di nominare un avvocato. Josì, un ragazzo eritreo respinto nell’estate 2018, è morto di TBC, sul pavimento, senza alcuna assistenza medica.
Il tempo è mio nemico. Le persone si ammalano e muoiono. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a sveltire queste ricerche. Di qualcuno capace di organizzarle, di renderle più sistematiche.
Salvatore Fachile, uno dei due avvocati che hanno vinto la causa per il respingimento della nave Orione, mi ha detto che loro, gli avvocati, contano sulle reti di attivisti, fondamentali per indagare sui casi e ritrovarne le vittime.
Ora il Governo italiano sembra aver fermato i respingimenti usando navi battenti bandiera italiana. Ha trovato un espediente più furbo: regala a milizie libiche motovedette per milioni di euro e addestra miliziani libici nelle basi italiane di La Spezia e Gaeta.
L’Italia sta appaltando ai libici la violazione dell’articolo 10 della Costituzione italiana.
A mio parere si dovrebbe agire (in fretta) sull’evidente profilo di incostituzionalità degli accordi Italia-Libia. Anche per questo mi serve AIUTO.
Nel frattempo, sto iniziando a schedare i casi di respingimenti collettivi operati con motovedette italiane regalate alla cosiddetta guardia costiera libica, a rintracciarne le vittime, ad ascoltare le loro testimonianze, spesso agghiaccianti. C’è chi ha raccontato, ad esempio, che l’equipaggio della motovedetta Ubari (regalata dall’Italia alla Libia) il 26 giugno scorso avrebbe sparato colpi di fucile sul tubolare di un gommone, con la gente ancora a bordo, e poi avrebbe narcotizzato tutti gli occupanti per deportarli in Libia.
Il Governo italiano osteggia questo mio lavoro di indagine. Non risponde MAI alle interrogazioni parlamentari. Il Ministero dei Trasporti (retto dalla Ministra De Micheli del PD) respinge tutti gli accessi agli atti presentati dagli avvocati riguardo ai casi da me rintracciati, rendendo quindi impossibile, per le vittime, dimostrare in che punto del mare fossero e ricostruire la catena delle richieste di soccorso. Molte testimonianze riportano il fatto che, quando un’imbarcazione chiama i soccorsi italiani, si presenta la guardia costiera libica. Ma senza le registrazioni è impossibile da accertare.
Appaltare ad altri la violazione di un diritto costituzionale è uguale a compierla personalmente?
Di questo si discuterà nei Tribunali nei prossimi anni.
Quello che so è, però, è che quella di portare in Tribunale i casi di respingimenti collettivi è per ora l’unica opposizione concreta agli accordi Italia-Libia. L’unico modo concreto per liberare le vittime.
Sarà un lavoro enorme. Sarà possibile solo se mi aiutate, solo se non vi girate a guardare da un’altra parte.
Dobbiamo collaborare tutti per difendere quella democrazia di cui tanto ci vantiamo, al punto di pensare di esportarla, mentre non riusciamo a garantirla neanche sulle nostre frontiere.
Aiutatemi a mettere su questa rete di indagini. Diventate attivisti!
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Scusami, ma non sarebbe più semplice portare in tribunale l’ accordo Italia-Libia?
In un mondo normale sì, lo sarebbe.