Molti si chiedono “Cos’altro avrebbe potuto fare il carabiniere? Aveva una pistola puntata in faccia!”
A me è accaduta la stessa identica cosa. Voglio raccontare cosa ho fatto io.
Al di là di tutti i dubbi che devono essere chiariti riguardo la dinamica dei fatti (c’è chi parla di un colpo alla nuca sparato mentre il minorenne Ugo Russo tentava di fuggire. Ciò aggraverebbe non di poco la posizione del carabiniere), c’è una domanda che circola in queste ore.
“Cos’altro avrebbe potuto fare il carabiniere?”.
Cos’altro si può fare con una pistola puntata in faccia?
Tutti rispondono, d’impulso, “sparare, difendersi”. Ma è davvero l’unica alternativa? Ed è la soluzione più sicura per uscirne vivi?
No e No. Tutt’altro.
Chi, come me, si è trovato con una pistola puntata in faccia da un rapinatore, lo sa bene. A chi, fortunatamente, non è mai capitato, consiglio la lettura della storia qui sotto.
Cosa è accaduto al carabiniere a Napoli
Un carabiniere 23enne, fuori servizio, sulla sua Mercedes con la fidanzata, a Napoli. Viene avvicinato da due persone in motorino. Hanno il viso coperto da sciarpe. Uno di loro ha una pistola, la punta (pare) sul carabiniere e gli intima di consegnare l’orologio Rolex che ha al polso.
Il carabiniere spara sul ragazzo, che muore in ospedale. Il rapinatore viene poi identificato come Ugo Russo, anni 15. La pistola era solo un giocattolo.
Cosa è accaduto a me
Su un isola dell’arcipelago di Bocas del Toro (Panama) chiamata Bastimento vengo avvicinata da un ragazzo con il viso coperto da una maglietta. Ha una pistola. La punta sulla mia faccia e intima a me e a chi è con me (il mio fidanzato + 3 persone che non conosco) di consegnare tutti gli oggetti di valore.
Una situazione molto simile. Ma con un finale del tutto diverso.
Ve la racconto meglio
L’isola Bastimento è un luogo famoso per i furti. Uno dei tanti “postacci” che ci sono in Centro America. Così, per andare in spiaggia, lascio in ostello passaporto, soldi e macchina fotografica. Il mio ragazzo fa lo stesso.
Il viottolo per arrivare in spiaggia sale su una collina e attraversa un bosco. L’aria è calda e umida. Poi, all’improvviso, come spesso accade in Centro America, il vento si alza e cadono le prime spesse gocce di pioggia. E’ solo questione di istanti e viene giù il finimondo. Abbiamo appena sorpassato una finca, una casetta di campagna, torniamo indietro per chiedere ospitalità. La scopriamo disabitata, da parecchi anni, ma c’è uno steccato in legno facile da scavalcare e lo scavalchiamo. Ci ripariamo sotto una veranda di legno. Il temporale impazza, passano due ragazze e un ragazzo, bagnati fradici, ci vedono e ci raggiungono. Facciamo due chiacchiere, loro sono di Buenos Aires.
Spiove e torna il sole. Anche questo all’improvviso. Stiamo per andare via quando il ragazzo argentino spalanca la bocca, atterrito da qualcosa che si trova alle mie spalle. Dal suo urlo strozzato capisco “Llega, llega!” (“Arriva, arriva!”) e penso ad un animale feroce. Cazzo! Mi giro e lo vedo: un rapinatore, la testa coperta da una maglietta arrotolata, si avvicina a grandi passi puntando una pistola verso di noi. Non ci crederete, ma in quel momento tiro un sospiro di sollievo. L’animale feroce sarebbe stato peggio.
Il rapinatore si avvicina a noi e sceglie me. Mi punta in faccia la sua arma. E’ la prima volta che mi capita una cosa del genere.
Il rapinatore non parla. Ma posso sentire la sua paura. E’ questa a preoccuparmi, molto più della canna delle pistola.

“Tranquilo” gli raccomando con voce calma e quasi affettuosa “Todo està bien”.
Il rapinatore indica gli zaini dei ragazzi argentini e fa segno di consegnarli, ma lo fa con fa con la pistola e quelli, soprattutto le due ragazze, cacciano urla acute ogni volta che la canna dell’arma punta su di loro.
“Not griten, todo esta bien” raccomando ora ad i ragazzi argentini e forse faccio pure un gesto al rapinatore per invitarlo a puntare la sua arma su di me, non su di loro che sono isterici (e non si capisce perché, dato che provengono da Buenos Aires che non è propriamente una città tranquillissima. Il mio ragazzo Mariano, che viene da Napoli, al contrario mi appare calmo e rilassato, seduto su un ciocco di legno).
Ho il tempo di pensare tutto questo? Sì.
La pistola è nuovamente puntata sulla mia faccia. E questo, in un certo senso, mi rassicura.
Il rapinatore si fa consegnare gli zaini e poi rivolge la sua attenzione sulla sacca che ho sulla spalla. La vuole. La sfilo e, d’istinto ma con movimenti lentissimi, ne rovescio il contenuto in terra. Ne escono un asciugamano, vestiti, crema solare, un pacchetto di sigarette.
Il rapinatore è interdetto. Allora raccolgo il pacchetto di sigarette e gli spiego che non ho nulla di valore, ma che può prendere quello. Boh, siamo su un’isola, anche se le sigarette costano meno di due dollari al pacchetto è comunque un bene di consumo, penso.
Non ci crederete mai, ma la scena successiva mostra la canna tremante della sua pistola puntata sulla mia faccia e il mio pacchetto di sigarette puntato fermamente sulla sua.
“Tranquilo, todo esta bien, tomate un sigarro”.
Il rapinatore non prende le sigarette e va via. Porta con sé gli zaini. Li ritroviamo pochi minuti dopo sul sentiero, privi di soldi e macchine fotografiche, ma con il resto intatto, documenti compresi. Ce li ha lasciati sopra un albero enorme caduto da poco. Quello sì che sarebbe stato pericoloso!
Poco dopo siamo davanti alla polizia locale. Ci chiedono di descrivere il rapinatore. Io riesco a dare solo un particolare: “Non è un fumatore”. Mariano e i ragazzi argentini invece si ricordano com’era vestito, il colore dei capelli, l’altezza. La polizia capisce subito di chi si tratta: un ragazzo di nome Rosco, 17 anni.
Cosa c’entra questa storia con quella del carabiniere di Napoli?

C’entra parecchio.
Per prima cosa, ricorda a tutti che con un animale feroce o con un albero che ti cade in testa non si può parlare, con un uomo che ti rapina sì.
Poi fa tornare alla mente una cosa ovvia, ma spesso dimenticata: un rapinatore vuole soldi e oggetti di valore, quello è il suo scopo. Perché mai dovrebbe farti del male? Non gli converrebbe.
Terza cosa: le rapine che vanno male sono quelle in cui la vittima fa qualcosa di stupido. Per esempio urlare o fare movimenti bruschi o magari estrarre un’arma.
Qui sta il punto principale: se c’è un’arma da fuoco, la prima regola è evitare che spari. Io sono stata alcuni minuti con la canna della pistola puntata in faccia. Avevo le mani libere, ero vicina, lui tremava, avrei potuto disarmarlo con un colpo secco. Ma sarebbe stata una cosa davvero stupida, che avrebbe messo in pericolo me e soprattutto le persone che erano con me.
Il carabiniere di Napoli, reagendo, ha sicuramente messo in grave pericolo la fidanzata che era con lui. Se la pistola di Ugo Russo non fosse stata un giocattolo, avrebbe sparato quando il carabiniere ha tirato fuori la sua. Oppure poteva far fuoco il secondo rapinatore , se fosse stato armato.
La motivazione del “Ho sparato per difendere la mia fidanzata” sembra perciò assurda. La motivazione del “Ho sparato per difendere il mio orologio Rolex” è invece molto più credibile.
Cos’altro avrebbe potuto fare il carabiniere?
Quello che ho fatto io. Niente. Poteva consegnare il Rolex ed evitare di scatenare una sparatoria. Evitare di mettere in pericolo lui stesso, la sua fidanzata ed eventuali passanti.
Non mi stancherò mai di ripeterlo: le armi da fuoco mettono in pericolo le persone, anche quando chi le porta pensa di saperle usare.
Infine non capisco perché un carabiniere addestrato non sia capace di parlare e tenere tranquillo un giovane rapinatore. Ne sono capace persino io, che non ho alcun addestramento o formazione.
NOTA: Per una più universale comprensione di questo articolo, ho redatto anche la versione in zuccavuotese, che potete trovare qui.
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Hai messo in pratica quello che Milena Jesenska chiamava “l’arte di stare in piedi”. Ho appena avuto una discussione su questo e credo che il carabiniere fosse uno “dal grilletto facile”, dato che non era in servizio e girava con la pistola. Tra l’altro carabinieri, poliziotti ecc…sono addestrati apposta per reagire a queste situazioni senza uccidere.
Il poliziotto in gamba è quello che non ha bisogno di tirar fuori l’arma.
Io ricordo con molto affetto il bravissimo capo della questura di san Cristobal de las Casas, in Chiapas, che parlò con 100 inferociti cittadini di san Juan Chamula che assediavano la questura con pietre e bastoni. Ma questa è un’altra storia.
Certo la ragazza ci poteva rimettere al più un pacchetto di sigarette. I rapinatori del carabiniere puntavano al Rolex un oggetto di valore, magari un caro ricordo o regalo della fidanzata. Io dico che sia legittimo difendere la propria incolumità e quella dei tuoi cari, ma anche la tua proprietà. Il messaggio che si deve mandare ai rapinatori è che minacciare una persona è rischioso e ci puoi rimettere la pelle.
Mi dispiace Mario, ma non ho le possibilità economiche per comprarmi un Rolex e una Mercedes. I rapinatori possono portarmi via al massimo un pacchetto di sigarette.
Cpmunque, se avessi un Rolex e una Mercedes, non andrei a sfoggiarli ad Isla Bastimento o sul lungomare di Napoli. Sarebbe stupido e pericoloso.
Comunque hai perfettamente capito il senso: il carabiniere ha ucciso una persona per proteggere il Rolex (non la fidanzata, che anzi ha messo in pericolo scatenando un conflitto a fuoco).
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Sarebbe anche interessante sapere da Mario, se il primo colpo (che ha steso il ragazzo) era per proteggere il Rolex, cosa proteggeva, secondo lui, il secondo colpo (quello alla nuca, da quel che riportano i giornali).
Giusto per classificare bene le cose:
1 colpo protegge le proprietà di valore.
2 colpi proteggono anche quelle che valgono poco.
3 colpi per spaventare i morti.
4 colpi per fare allegria.
Ho decodificato giusto?
Valerio, non distogliere Mario dalla sua nuova missione (Pagarmi un Rolex).
Il colpo alla nuca a Napoli mi ricorda le “FOSSE ARDEATINE”,come pure leggere di un giovane carabiniere con rolex e mercedes,segno di ostentazione,nel pieno della notte con la fidanzata,in abiti civili ed armato.
Mi sovviene domandarmi se ipotetica altra persona civile,non appartenente alle forze dell’ordine e disarmato potrebbe essersi azzardato a tanto,ho i miei dubbi. Quasi come se il subconscio,di brama a caccia ai malviventi,gli avesse dettato l’ordine di ordire un’esca risultata mortale.
E si sono un po andreottiano,”a pensar male si fa peccato ma ci si…”.
Abbiamo già troppi giustizieri,non necessitano anche quelli della notte!