La Giornata della Memoria va spiegata ai bambini ed è meglio che a farlo siano gli stessi genitori. Ecco cosa si può raccontare e quali sono le domande più probabili che riceverete dai vostri figli.

La Giornata della Memoria quando ero piccola io

Quando ero piccola il Giorno della Memoria non era stato ancora istituito e anche a casa mia c’era un totale assenza di memoria. Non mi avevano spiegato neanche cosa fosse il razzismo, con brutte conseguenze che ho già raccontato. I miei genitori evitarono accuratamente di parlarmi dell’Olocausto.

In quinta elementare lessi qualcosa sul sussidiario, ma erano poche righe prive di contesto. La Storia che studiavamo era il susseguirsi di secoli di guerre e noi alunni eravamo tenuti a memorizzare soltanto le date, gli schieramenti e il risultato, neanche fossero partite di calcio. Tutto era freddo, distante. La maestra fascista, poi, non aiutava certo ad integrare lo scarno libro di testo.

Risultato di questa ignoranza fu una ragazzina ignorante, che non capiva i problemi, che non riusciva ad aiutare bene gli amici in difficoltà, se non per quel poco di istinto innato. Per fortuna pochi anni dopo mi aiutarono amici meno ignoranti di me e pochi illuminati professori. E poi, naturalmente, i libri.

Oggi devo riconoscere che l’esempio dato dai miei genitori è utilissimo per fare la mamma: quando ho un dubbio sull’educazione di mia figlia… faccio tutto l’opposto di come si sono comportati loro con me e va sempre benissimo. Grazie Mamma e Papà!

La Giornata della Memoria spiegata a mia figlia

L’anno scorso aveva 7 anni e tanta curiosità di conoscere il mondo e la sua storia. Sapeva già cos’era il razzismo e non capiva perché si potesse etichettare la gente “dal colore degli occhi o dei capelli o della pelle” (cit. la mia bambina); differenze visibili, chiaro, ma totalmente ininfluenti per lei. Della religione sapeva solo che ci sono persone che credono all’esistenza di uno o più dei e persone che non ci credono, e che ognuno ha il diritto di credere a ciò che gli pare se non molesta gli altri. Sapeva cosa è un diritto.

Decisi che fosse pronta ad ascoltare la forse più terribile di tutte le storie del mondo.

IO: Circa 80 anni fa c’era la guerra qui da noi. Una brutta guerra che coinvolgeva tutta l’Europa. Accadevano cose folli e bruttissime. In Italia comandava un tizio di nome Benito Mussolini. Lui e i suoi compoari ad un certo punto decisero che non tutti in Italia avevano gli stessi diritti. Alcune persone, secondo loro, non li avevano…

LA BAMBINA: Quali persone? Cosa avevano fatto?

IO: Non avevano fatto nulla. Avevano dei cognomi che non gli piacevano.

LA BAMBINA : cognomi?

IO: Sì. Era la famiglia da cui venivano a non piacere a Mussolini e ai suoi compari. Per esempio se eri un bambino piccolo nato in una famiglia con un certo cognome, andava bene, se ne avevi un altro, no. Una cosa totalmente insensata.

LA BAMBINA: Quali erano i cognomi che non gli andavano bene?

IO: Tutti quelli di origine ebraica (l’ebraismo è una religione) oppure di origine rom o sinti (forse li conosci come “zingari”, quelli del circo che suonano bene). In Italia nascquero delle leggi bruttissime, che impedivano a chi aveva alcuni cognomi di fare tantissime cose. I bambini, per esempio, venivano cacciati dalle scuole.

LA BAMBINA: Ma non è giusto!

IO: Esatto. Poi fecero anche di peggio: presero queste famiglie nelle loro case, le misero su alcuni orribili treni e le mandarono in posti terribili, dove vennero tutti uccisi. In Germania comandava un altro tizio cattivissimo, si chiamava Adolf Hitler, con i soldati stava conquistando tutta l’Europa e uccidendo tutte le persone che avevano questi cognomi che non piacevano. Uomini, donne e bambini.

LA BAMBINA: Ma nessuno faceva niente per salvarli???

IO: Sì, alcune persone coraggiose salvarono altre persone. Le nascosero e non le fecero arrestare. La tua trisnonna lo fece: era solo una povera vedova con nove figlie, ma riuscì a nascondere il suo dottore. Non lo presero!

Anche altre bisnonne e bisnonni salvarono delle persone.

Nota: grazie a chi in queste ore sta postando belle storie su Twitter. Le racconterò oggi a mia figlia!

https://twitter.com/vikiluda/status/1486267616977166337?s=20

Ma purtroppo non tutti si comportarono bene come loro e tantissime famiglie vennero mandate via sui treni. Li fecero lavorare come schiavi e poi li uccisero. Solo pochi si salvarono. Il 27 di gennaio del 1945 l’esercito russo riuscì a sconfiggere i soldati di Hitler e a liberare molte persone che stavano per essere uccise. Oggi in questa data celebriamo la Giornata della Memoria.

LA BAMBINA: Tu conosci qualcuno che si è salvato?

IO: Conosco Liliana Segre, è una senatrice, tutti la conoscono. Lei era una ragazzina, venne cacciata dalla scuola, poi arrestata e portata via. Il suo amato papà venne ucciso assieme a tantissimi altri, lei era tra i pochissimi che si salvarono, tornò in Italia e da ora racconta questa storia a tutti. Questa storia va raccontata, perché non si ripeta.

LA BAMBINA: Può risuccedere?

IO: Mussolini, Hitler e tutti i loro compari hanno perso, l’Europa è cresciuta, è diventata meno folle e un po’ più giusta. Ma non si può mai dire. La Storia va studiata per non ripetere gli stessi errori e per riconoscerli subito quando li fanno gli altri.

LA BAMBINA: Se dovesse risuccedere, io salverò le persone.

Cosa raccontare, cosa non raccontare

Siete voi i genitori dei vostri figli, li conoscete da quando sono nati, vi verrà spontaneo usare o non usare alcune parole. Io, per esempio, d’istinto ho evitato di descrivere le camere a gas e le condizioni di vita nei lager. Forse perché sono stata a visitare il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e quelle immagini sono rimaste troppo vivide nella mia testa. La morte e la sofferenza sono difficili da capire e da digerire, serve maturità. Magari quando sarà un po’ più grande la porterò lì.

Ho invece parlato della situazione dei bambini in Italia, di come li abbiano cacciati dalla scuola, dalla loro casa e dalla loro vita. Qualcosa che la bambina ha capito benissimo.

La trovata dei cognomi (seppur non esattissima) aiuta i bambini a comprendere (soprattutto la follia delle leggi razziali) e vi salva dal dover spiegare una questione razziale che probabilmente (e per fortuna) non capirebbero.

Importante: i bambini percepiscono questa storia come qualcosa di passato, di finito, appartenente ad un mondo incivile ormai estinto. Buon per loro, così dormono tranquilli. Però sono toccati dall’indignazione per l’ingiustizia e questo credo li aiuterà a diventare persone migliori. Capiscono l’importanza della memoria.

A che età portare i ragazzini a visitare Auschwitz-Birkenau?

Probabilmente non c’è un’età fissa. Direi quando sono pronti, il ché, magari, per alcuni si verifica alle medie, per altri al liceo.

Io sono stata a visitare Auschwitz-Birkenau da adulta. Quel luogo mi ha scatenato infinite emozioni e considerazioni (le trovate qui). Tutte molto forti. Ci vuole preparazione prima di andare, non va fatto alla leggera, altrimenti si torna con quella sciocca frase fatta (“Non ci sono parole”) e basta.

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