Questo RACCONTO DI FANTASIA ha come personaggi gli irresponsabili che fuggono dalla Lombardia, il nostro Governo e gli anarcoinsurrezionalisti ottantenni di Solidarancia.
Diario di bordo
Nave Lucia Migliaccio. Ormeggiata in acque internazionali. Onda 0,3 m. La Luna splende in cielo. Quattordicesimo giorno di quarantena. Nessun caso a bordo. Di coronavirus almeno, perché, invece, la noia dilaga.
L’-ipad di Giuseppe emette un ronzio e parte una videochiamata. E’ René, dai suoi arresti domiciliari in val Susa. Lo si riconosce dagli occhi, azzurri e fiammeggianti. Ha sostituito la solita bandana rossa con una mascherina, ma ci ha disegnato sopra falce e martello.
“Io sto a casa” precisa sconsolato. Le sue geniali evasioni dagli arresti domiciliari sono state bruscamente interrotte dal dilagare dal Coronavirus. “Nduma, la responsabilità sociale viene prima“, e poi racconta che il Procuratore è invece andato a sciare a Sansicario con tutta la famiglia.
Ma non ha chiamato per questo. René ci avvisa che migliaia di irresponsabili stanno fuggendo dalla Lombardia con armi, bagagli e coronavirus.
Il Governo non è riuscito a bloccarli e neanche ad identificarli. Troppo difficile far salire un poliziotto sull’Eurostar o mettere una pattuglia al casello della A1.
“Li dobbiamo fermare noi!”
Ci attiviamo subito. In plancia facciamo una riunione di 4 minuti e mezzo.
VERBALE DELLA RIUNIONE di 4 minuti e mezzo
Sabina, tirata giù dal letto da Tonio e trasportata in plancia in pigiama, ci conferma sbadigliando che il Ministero dell’Interno ha speso tutti i nostri soldi per bloccare i migranti che arrivano dalla Libia e ora non ha più un euro per risolvere problemi interni al Paese.
Domenico analizza le risorse a disposizione del Governo italiano e redige un piano per dirottarle dal confine mediterraneo al confine padano.
Teresa chiude la riunione con un perentorio “Occhei, siamo pronti, andiamo!” e Star Petar, con un rutto che odora di vodka aromatizzata all’amuchina, avvia il motore della nave.
FINE DELLA RIUNIONE DI 4 MINUTI E MEZZO.
La telefonata alla giunta leghista della Lombardia.
Facciamo parlare Agata:
“Mi perdoni l’ora tarda, sono la professoressa Agata Vitale, chiururgo a capo dello staff medico di Solidarancia onlus. Ho letto che per voi è benvenuto l’aiuto dei medici delle ONG…“
“Cul’è? Adèss el president falanana”
“Dovrebbe svegliarlo, è un’emergenza”
“Poi se rabia. No es mica un Gandulòtt “
“Scusi, non è che potrebbe parlare in italiano? Abbiamo bisogno della vostra autorizzazione ad aiutare l’Italia a sconfiggere il Coronavirus”.
“L’aiut es benvenut”.
“Benissimo. Anche dai medici delle ONG che non sono attualmente in regola con l’albo e magari sono stati radiati anni fa per aver pugnalato dei colleghi?”
“L’aiut es benvenut”.
“Scusi, sto parlando con un disco?”
Gaetano le fa cenno di tagliare. Ha registrato la telefonata.
Anche per Domenico, il nostro avvocato, è tutto regolare: l’autorizzazione c’è e quello è il modo usuale di comunicazione delle giunte leghiste.
“Missione villa al mare”*.
(*E’ il nome in codice della nostra missione)
Con l’autorizzazione della giunta leghista della Lombardia, ci mettiamo subito in comunicazione con le missioni NATO Frontex e Sophia. E’ quasi l’alba e il solito aereo sta per partire per la sua quotidiana caccia all’uomo.

Dirottiamo l’aereo spia già profumatamente pagato dai contribuenti italiani. Lo mandiamo a caccia sul Tirreno settentrionale. Il pilota è addestrato ad individuare e denunciare gente che fugge in gommone da torture e guerre, per lui è un gioco da ragazzi scovare bauscini col trolley.
COMUNICAZIONE DAL VELIVOLO SW4 ALLA LUCIA MIGLIACCIO:
“Avvistato traghetto della Tirrenia in avvicinamento a Porto Cervo”.
“Grazie SW4. Qui il comandante della Lucia Migliaccio. Riferiteci com’è la situazione a bordo”
“Il ponte di coperta è piano zeppo di ragazze in topless che prendono il sole. Sono tutte milanesi”.
“Come fate a vederlo da lassù?”
“Seni rifatti, Signora. E anche qualche naso, ma i bendaggi nasali post rinoplastica non proteggono dal coronavirus, lo chiarisce molto bene Roberto Burioni nel suo ultimo bestseller”.
Occorre fermare subito questa imbarcazione!
E’ arrivato il momento di chiedere rinforzi. Il momento di utilizzare LORO.
Giuseppe si danna per non poter parlare. Vorrebbe farla lui, questa telefonata. In realtà tutti vogliono avere questo onore e così facciamo la conta con Bella Ciao ed esce…
Tonio Genna!
Tira su il cellulare, nel mutismo generale dei presenti. Il momento è davvero storico.
Tonio si schiarisce la voce. Compone il numero.
“Pronto, è la cosiddetta Guardia Costiera Libica?”.
I libici non vogliono andare. Sostengono che il lavoro sia pericoloso. Una cosa è affondare gommoni e frustare gente indifesa, donne e bambini; ben altro è occuparsi di leghisti probabilmente armati fino ai denti a causa del decreto sicurezza bis.
Domenico, che è un esperto giuslaburista, cita ai libici gli estremi del Memorandum Italia-Libia. Poi traduce per i comuni mortali: l’Italia vi ha pagati e addestrati, adesso vi tocca lavorare, altrimenti vi facciamo la lettera di richiamo.
Dopo un’ora di intense trattative tra il sindacato dei torturatori libici, il Viminale e la Farnesina, i cosiddetti conigli libici vengono costretti a far rotta verso il traghetto, ma con la disposizione di non abbordare, solo bloccare.
Il traghetto viene bloccato in mare. Il porto di Porto Cervo viene chiuso.
“Porti Chiusi!” urlano i sardi e provano a chiamare Matteo Salvini per avere manforte.
Ma Matteo Salvini non c’è. E’ volato a Londra.
“Dobbiamo far rotta per lo stretto della Manica?” ci domanda la Cosiddetta Guardia Costiera Libica, che ora oltre a temere le pistole regolarmente denunciate dei milanesi teme anche di perdere la Quattordicesima.
Il traghetto dei milanesi, intanto, rimane in mare.
A bordo c’è Pierpaolo, leghista di Bollate, si autodefinisce un “profugo” e chiede asilo politico al Principato di Monaco.
Ci arriva anche un messaggio whatsapp dall’esponente qualunque del partito qualunquista nazionale. E’ sulla nave anche lui. Ci chiede se, data la nostra vecchia amicizia, possiamo fare uno strappo alla regola e farlo scendere alla Maddalena, dove ha preso la residenza.
Siccome, nel frattempo, abbiamo fatto rotta anche noi per la Sardegna, ci avviciniamo alla nave e chiediamo all’esponente qualunque del partito qualunquista nazionale di salire sul cassero di poppa e salutarci con le mani. Lo vediamo sbracciarsi. La scarica di cannone a merda parte potente dalla Lucia Migliaccio e lo investe in pieno.
Il traghetto verrà lasciato in mare per 14 giorni. Perché scappare dalle guerre e dalle torture è una cosa, scappare da un virus che può infettare altri è un’altra cosa. Fuggire da qualcosa di pericoloso è un diritto per tutti, certo, ma un diritto che termina dove inizia il diritto degli altri. Quindi bisogna lasciare attivo il cervello e spostarsi solo se non si mettono in pericolo gli altri. Alcuni di quelli che sono fuggiti dalla Lombardia, hanno capito di aver sbagliato e si sono messi in quarantena. Tra 14 giorni si sentiranno meglio, con la loro coscienza.
PS Il leghista Pierpaolo, però, è stato deportato in un lager libico. La Cosiddetta Guardia Costiera Libica non ha capito fosse italiano, lo ha sentito parlare e pensava blaterasse in qualche dialetto africano.
Questo racconto gentilmente offerto dal team di Solidarancia a chi è rimasto a casa.
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irresponsabili egoisti ignoranti