La guerra in Libia continua. Oggi, a Mosca, Haftar non ha voluto firmare la tregua. Ci saranno altri bombardamenti, altre morti. La situazione non potrebbe essere peggiore.
Il mio pensiero va ai civili, tutti i civili, sia i libici che gli stranieri.
A Tripoli, il pensiero del Governo di Al Serraj, invece, sembra solo per i civili libici. Gli stranieri, i “migranti”, sembrano non aver diritto alla vita in Libia, in tempo di pace quanto in tempo di guerra.
Per il Governo di Tripoli, la massa di ragazzini e ragazzine arrivati da altri paesi africani, è una forza lavoro da sfruttare. L’intera economia libica, ormai, si regge sul lavoro di schiavi stranieri. Anche normali cittadini libici catturano persone per venderle o farle lavorare come schiavi nelle loro case.
Guardate questo magnifico intervento di Luca Casarini che denuncia l’intera economia libica basata sulla schiavitù. Sulla sinistra ci sono io che annuisco e applaudo (ero seduta accanto a lui). E’ stato registrato nell’estate 2019, ma è ancora attualissimo.
E chi è troppo debole per lavorare, dove finisce? Nei lager, perché non è ancora inutile per la Libia. Le donne vengono violentate. Tutti vengono usati come SCUDI UMANI.
La guerra in Libia usa i rifugiati come scudi umani.
Accade, per esempio, a Tajoura.
Il lager di Tajoura, finanziato dall’Italia, è un deposito di missili e altre armi da guerra.
Nel 2019 è stato bombardato 2 volte, per questo motivo. Sono morte 53 persone (secondo la stampa), 100 secondo le mie fonti. Vi ho già raccontato la storia dei bambini usati come scudi umani e sopravvissuti al bombardamento di luglio.
I rifugiati di Tajoura descrivono lo stesso enorme deposito di armi e bombe.
“Missili, mitragliatrici, AK47, anche carri armati” elenca questo ragazzo che è riuscito a fuggire.
A Tajoura i rifugiati che si reggono ancora in piedi (il cibo, come vi ho raccontato, è totalmente privo di proteine e porta il corpo a crollare e a morire) vengono costretti al lavori forzati. Soprattutto scaricare camion e scaricare e pulire armi da guerra.
Chi rifiuta di svolgere i lavori forzati viene torturato o anche ucciso, come è accaduto a Ahmed, che è stato giustiziato davanti a testimoni con un colpo di pistola alla testa.
Lavoro forzato è anche combattere in guerra. Molti rifugiati detenuti a Tajoura sono stati mandati a combattere per Al Serraj, compreso un mio amico (lo chiamerò Ant). E’ accaduto nella primavera 2019. Ant, cristiano e pacifista, è stato costretto ad andare a combattere in prima linea, con un fucile in mano. Mi ha raccontato che molti dei suoi compagni sono stati uccisi in una battaglia.
Peter era invece un ragazzo che ha rifiutato di andare a combattere. E’ stato giustiziato dalle guardie con un colpo di pistola.
Sopra il deposito di armi da guerra di Tajoura, Al Serraj ha messo i migranti. Vengono ancora OGGI usati come scudi umani.
Tajoura è uno dei luoghi in cui il Governo italiano deporta persone. Prima lo faceva usando navi italiane, oggi lo fa chiamando i suoi sgherri della guardia costiera libica, a cui ha donato motovedette e pagato costosi addestramenti a La Spezia e Gaeta.
Ciò vuol dire che noi italiani forniamo ai libici schiavi e scudi umani.
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