A Gargaresh e in altri quartieri di Tripoli in cui hanno trovato rifugio migliaia di persone fuoriuscite dai lager, da oltre un mese avvengono arresti casa per casa. L’ultimo stamattina. Gli arrestati vengono portati alla Tobacco Factory, centro di smistamento e vendita di schiavi e schiave.
La polizia del governo libico di unità nazionale (GNU), che si è insediato a marzo, da inizio settembre ha arrestato almeno un migliaio di uomini, donne e bambini stranieri applicando la legge libica contro l’immigrazione clandestina, la 19/2010, che sarebbe una legge famosa se i media italiani si ricordassero ogni tanto di citarla.
Secondo tale legge è reo di immigrazione clandestina lo straniero irregolare che entra, che permane o che esce dalla Libia.
La pena è la detenzione a tempo indeterminato con lavori forzati.
Nel mese di settembre gli arrestati sono stati portati nel lager di Triq al Sikka, famoso per gli stupri nella cella delle donne, le torture nella cella underground e per essere stato finanziato dai progetti del bando Minniti. Il lager di triq al Sikka ha ormai raggiunto e superato la sua capienza massima.
Oggi ci giungono da Tripoli foto di nuovi arresti
Tutte queste persone arrestate oggi a Gargaresh sono state portate nel lager di Al-Mabani o alla Fabbrica del Tabacco, un lager non ufficiale che il governo libico ha tentato di mantenere segreto per tutto il 2020. E’ uno dei centri di smistamento e vendita degli schiavi soldato e altri tipi di lavoratrici e lavoratori forzati, incluse le ragazze che vengono vendute come schiave sessuali e domestiche (doppia mansione) ai privati cittadini libici.
La Fabbrica del Tabacco è uno dei luoghi “serbatoio” della tratta libica degli schiavi (ne ho parlato in un’inchiesta che ho scritto per Il Manifesto). Grazie a rifugiati coraggiosi, abbiamo una mappa precisissima dell’ubicazione di questo e di altri lager non ufficiali utilizzati dalla polizia ufficiale. Ecco alcune coordinate:
- 32.84675,13.1051699
- 32.8375379,13.0658247
Le persone arrestate in questo modo spariscono. Alcuni (pochi) riappaiono dopo molti mesi raccontando la storia dei lavori forzati allucinanti a cui sono stati condannati dopo processi sommari (imputati legati, bendati e privi di avvocato difensore) in aule di giustizia ufficiali o anche senza processo, semplicemente venduti e comprati da “padroni” che avevano bisogno di un nuovo schiavo. Molti degli arrestati non riappaiono mai più.
Uno dei ragazzi che conosco è stato arrestato oggi.
Ogni volta che c’è qualche grossa opera da costruire – pubblica o privata – gli arresti di migranti aumentano. La Libia approfitta di forza lavoro schiava e l’Italia, con il finanziamento alla cosiddetta guardia costiera, fornisce schiavi e schiave ad un paese straniero.
Questo articolo è stato scritto grazie ai rifugiati e alle rifugiate che sopravvivono a Tripoli. Sono ragazze e ragazzi coraggiosi, che rischiano la loro vita a passarci queste informazioni.
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