“Questi rifugiati hanno diritto a tornare in Italia!“.
E’ stata questa la grandissima vittoria ottenuta al Tribunale di Roma dagli avvocati ASGI Salvatore Fachile e Cristina Laura Cecchini, da Amnesty International e da tutti gli attivisti che hanno collaborato alla causa per il respingimento illegale operato dalla nave Orione, della Marina italiana.
Sì, perché i 14 rifugiati eritrei che hanno fatto causa al Governo italiano, in Italia c’erano arrivati! Ma a 26 miglia da Lampedusa li caricarono sulla nave Orione, battente bandiera italiana, che li respinse illegittimamente e deportò in Libia. (leggi tutta la storia di questo caso)
Ecco, adesso i 14 rifugiati hanno diritto di tornare in Italia e chiedere la protezione internazionale! Lo faranno senza trafficanti, gommoni sgonfi, fame e sete. Lo faranno andando all’aeroporto, facendo un check-in e salendo su un aereo di linea, come dovrebbero avere il diritto di fare tutte le persone del mondo.
Una delle cose più belle della mia attività di attivista per i diritti umani sono le telefonate di ringraziamento che faccio a chi i diritti umani riesce a farli rispettare. Qualche mese fa ne ho fatta una a Francesco Di Giovanna, il bravissimo avvocato che ha difeso uno dei rifugiati-eroi della Vos Thalassa. Oggi chiamo Salvatore Fachile e mi torna in mente il giorno che l’ho conosciuto, quasi un anno fa, assieme alle colleghe Loredana Leo e Giulia Crescini. Pioveva, siamo finiti in un assurdo bar bio senza confessarci reciprocamente che sarebbe stato meglio un pub. Io ero all’inizio del mio lavoro sulla Libia, zero esperienza, ma avevo scoperto una deportazione segreta operata da una nave battente bandiera italiana e non sapevo bene come muovermi. Loro stavano lavorando ad un caso analogo, che era proprio la causa andata a sentenza nei giorni scorsi.
Oggi, quindi, sono felice di potervi riportare il contenuto della mia…
… telefonata a Salvatore Fachile
Cinque minuti buoni di complimenti, ringraziamenti, saluti e abbracci che arrivano da ogni angolo dei continenti Europa (i rifugiati che ce l’hanno fatta, gli attivisti amici, tutti i membri del collettivo Josi & Loni Project) e Africa (i rifugiati ancora in Libia, quelli in Tunisia, Niger, Rwanda ecc.).
Poi le domande.
– Salvatore, perché solo in 14 su 86 hanno fatto causa?
– Questo è stato il primo gruppo di rifugiati che abbiamo ritrovato, grazie ad Amnesty International. Erano in Israele.
– E gli altri? Dove sono?
– Un altro gruppo lo abbiamo ritrovato in Europa, ha provato nuovamente ad attraversare il mare ed è arrivato con un gommone. Poi c’è anche chi non siamo riusciti a trovare.
– Se rintracciassimo le altre vittime, potrebbero fare causa anche loro?
– Il termine civile per avere un risarcimento è 5 anni, quindi è ormai prescritto, ma il diritto a ritornare in Italia per chi ne sia stato respinto illegalmente è imprescrittibile.Quindi sì.
– Perciò se ritrovassimo delle vittime ancora in Libia, avremmo la possibilità di tirarle fuorii???
– Sì, se riuscissimo a prendere le procure.
(NOTA: In Libia, tra i tantissimi diritti negati agli stranieri, primo tra tutti quello alla vita, c’è quello ad avere un avvocato. Nei lager libici i rifugiati non possono nominare un legale e, mi raccontano i rifugiati di Tajoura, “se un avvocato prova a bussare alla porta, il rifugiato che lo ha chiamato viene torturato o ucciso”. Fuori dai lager c’è un altro problema: un avvocato italiano non può controfirmare la procura avuta dal suo cliente e bisogna ricorrere a costosi notai libici. Tutte difficoltà che noi attivisti, assieme agli avvocati, stiamo cercando di superare).
Chi è stato respinto illegittimamente dall’Italia in Libia ha diritto a tornare in Italia.
– Salvatore, questo vuol dire che i deportati del 2 luglio possono fare causa al Governo italiano, vincerla e venire in Italia a presentare la domanda di protezione internazionale?
– Sì, tutti quelli respinti da navi battenti bandiera italiana, come la possono fare anche tutti coloro che sono stati respinti all’arrivo nei porti di Ancona o Bari. Ricordiamo anche il caso Sharifi.
– Il prossimo step, quindi, sarà rintracciare tutte le vittime. (NON ci metto il punto interrogativo)
– Per questo noi avvocati contiamo sulle reti di attivisti. Sono fondamentali per indagare e ritrovare le persone.
(Se siete degli attivisti, rileggete a voce alta la frase precedente. Se non lo siete, diventatelo, che c’è bisogno di voi!)
Grazie Salvatore, ti saluto, ancora grazie!
Inoltre:
Gli avvocati che si occupano di diritti umani stanno cercando di far tornare in Italia TUTTE le persone che sono state deportate in Libia.
Le deportazioni al 100% italiane, forse, le abbiamo fermate e persino la Augusta Offshore ha smesso di deportare la gente in Libia.
Ma l’Italia si è fatta più furba e paga (con le nostre tasse!) i libici per fare il lavoro sporco.
La cosiddetta guardia costiera libica opera per lo Stato italiano per negare il diritto di asilo agli stranieri.
L’Italia regala motovedette ai libici e addestra equipaggi spesso criminali per far loro compiere respingimenti collettivi negando il diritto d’asilo a stranieri che secondo la Costituzione Italiana (art. 10) ne hanno diritto.
Il Governo italiano è il mandante.
Le vittime delle deportazioni in Libia effettuate con motovedette regalate dall’Italia alla Libia, sono state danneggiate dal Governo italiano. Dovrebbero essere risarcite e fatte tornare in Italia.
Gli avvocati dimostreranno tutto ciò in Tribunale. Noi attivisti li aiuteremo.
Nei prossimi anni ci aspettano centinaia di cause e risarcimenti, tutti a spese di un Paese stolto che cerca di fare il furbo prendendosela con i più deboli e si ostina a tenere in piedi gli accordi Italia-Libia, criminali, inumani e in grado di impoverirci tutti.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Articolo 10 della Costituzione Italiana
Questo articolo è dedicato a tutti gli attivisti per i diritti umani.
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