“Non vogliamo tornare a casa e non vogliamo essere nel tuo film”. La lettera dei rifugiati in Libia a Riccardo Biadene, Kama Productions, produttore del film di Michelangelo Severgnini che piace a CasaPound e Fratelli d’Italia.

Venerdì scorso vi ho raccontato questa brutta vicenda: i rifugiati che si sono riconosciuti nelle immagini del film ne hanno denunciato l’uso improprio, sia dal punto di vista legale (“Il film usa materiali girati da noi senza liberatoria”, denunciano) che dal punto di vista del contenuto (il film manipola le proteste dei rifugiati che chiedevano l’evacuazione in paesi sicuri e fa credere che volessero tornare a casa).

Oggi la protesta dei Refugees in Libya (una rete di migliaia di rifugiati in Libia) pubblica sul suo sito una lettera rivolta a Riccardo Biadene, produttore del film e chiede di rimuovere dalla docufiction tutto il materiale di cui non dispone di liberatoria. Michelangelo Severgnini, in effetti, non ha girato in Libia, ma in Tunisia e non è chiaro come abbia acquisito i video girati nei lager libici. “Non abbiamo dato il consenso e non conosciamo Severgnini” stanno denunciando i veri autori dei video.

Il produttore Riccardo Biadene mi aveva assicurato che mi avrebbe fatto sapere a stretto giro se aveva le liberatorie dei video da me segnalati. Ma la mia domanda è stata fatta venerdì 2 dicembre e non mi ha ancora dato una risposta.

Le lettera – tradotta in italiano

Traduco qui la lettera postata sul sito Refugees in Libya. I grassetti sono loro. Se conoscete l’inglese, però, andate a leggere l’originale.

Lettera aperta a Kama Production

Noi rifugiati chiediamo la tutela dei nostri diritti, violati dal film “L’Urlo. Schiavi in cambio di petrolio”

Caro Riccardo Biadene, produttore del film “L’Urlo” di Michelangelo Severgnini (2019 Kama Productions),

Abbiamo visto il film e ci siamo resi conto che spaccia la falsa tesi che i profughi in Libia vogliano tornare nei loro paesi d’origine.

Da anni tutte le manifestazioni di rifugiati in Libia chiedono una cosa: essere evacuati in paesi sicuri. Non è una coincidenza che abbiamo sempre fatto le nostre proteste davanti agli uffici dell’UNHCR, che si occupa di evacuare le persone verso Paesi sicuri, e non davanti agli uffici dell’OIM, che invece organizza i rimpatri.
Quando e se ci è stato chiesto dall’OIM se volevamo essere rimpatriati, la nostra risposta è stata no e lo sarà sempre se le condizioni nei nostri paesi di origine rimarranno invariate. I paesi da cui siamo fuggiti sono flagellati da guerre, persecuzioni etniche, povertà e cambiamenti climatici: rischieremmo la vita tornandoci.

Ci siamo anche resi conto che il film “L’Urlo” utilizza senza alcun contratto di rilascio materiali video e audio prodotti da noi Refugees in Libya. Molti di noi hanno riconosciuto i video che abbiamo girato e non hanno idea del perché il regista – che non conosciamo – li abbia utilizzati senza il nostro consenso. Molti rifugiati hanno visto la loro faccia sullo schermo o sentito la loro voce: questo ha creato in loro rabbia e delusione.

Non vogliamo essere in questo film.
Da sempre filmiamo e diffondiamo i video delle nostre proteste per chiedere l’evacuazione verso paesi sicuri. Questi materiali vengono utilizzati illegalmente ne “L’Urlo” per chiedere il rimpatrio nei nostri pericolosi paesi di origine.
Questo non è legale, non è giusto e contrasta con la nostra idea di libertà di movimento come diritto universale.

Pertanto chiediamo a te, produttore del film, di rimuovere tutto il materiale per il quale non hai iliberatorie legali.

Non vogliamo tornare a casa e non vogliamo essere nel tuo film. Non vogliamo essere usati nelle tue manipolazioni.
Se la nostra gentile richiesta non verrà da Lei accolta, saremo costretti ad agire in giudizio per tutelare la verità, il rispetto dei nostri diritti e le richieste fatte dalla comunità internazionale dai Refugees in Libya.

Cordiali saluti,

Davide Yambio
Refugees in Libya

Qualche mia considerazione

Ricordo che la manipolazione dei video e la falsificazione del pensiero dei rifugiati ha prodotto articoli come questo sotto, di Libero, che Michelangelo Severgnini ha postato con orgoglio sulla sua pagina Facebook.

L’affermazione FALSA di Severgnini “Quei ragazzi non vogliono venire in Europa” viene utilizzata dal Governo italiano per fermare i voli di evacuazione dalla Libia in Italia e per attuare una politica di rimpatrio di rifugiati nei paesi da cui sono fuggiti.

Severgnini ha più volte millantato di essere l’unico a raccontare la verità sui migranti in Libia perché è l’unico in contatto con i migranti in Libia. Ho perso il conto di quante parole FALSE siano incluse in questa frase. A quanto pare, i rifugiati neanche lo conoscono.

I rifugiati in Libia disconoscono il film di Severgnini e addirittura minacciano azioni legali contro di esso se il produttore non rimuoverà tutto il materiale non legalmente acquisito.

Ho parlato con i ragazzi che abbiamo visto sul pavimento dei lager libici nei video illecitamente e falsamente usati da Michelangelo Severgnini. Non avevano diritti, lottavano per sopravvivere, contro la fame, la TBC, chiedevano disperatamente di essere evacuati. I loro volti, le loro proteste, i loro diritti, sono stati ulteriormente violati da questo orribile film.

Credo che il produttore, che è anche il proprietario del film, debba fare un passo indietro e riconoscere ai rifugiati i diritti violati dal film che ha scelleratamente prodotto.

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