Malta, nonostante i tanti soldi che percepisce dall’Europa per effettuare soccorsi, abbandona persone in mare, condannandole alla morte e all’invisibilità. Questa, però, è la storia di una piccola luce.


Nella notte, tra il cielo e le onde, balugina una piccola luce, intermittente. E’ uno spettro.

Cinquecento miglia marine più a nord, squilla il telefono. E’ Giulia: “Il tuo amico Cris è in mezzo al mare da almeno un giorno”.

Cris, no, impossibile. Me lo avrebbe detto, e poi tu come sai che lo conosco? Stiamo parlando di due persone diverse.

“Cris, il ragazzino che segui da quando era a Zintan. E’ lui. E’ su una barca”.

No, è davvero impossibile, l’ho sentito due giorni fa, era in Libia, abbiamo parlato di quando crescerà e sarà libero e avrà una fidanzata…

Non VOGLIO crederci. Lo capisco che è vero ma non voglio crederci. Per un sacco di buoni motivi. primo tra tutti la schermata del sito di meteo che tengo aperta mentre parlo al telefono: centinaia di freccette gialle puntano da nord verso la fottuta Libia.

Ma il motivo vero è che non mi ha avvisata.

Perché Cris non mi ha avvisata?

Lo so perché, dai che lo so! Perché quattro mesi fa lo ha fatto e mi sono messa ad urlare come una pazza di non salire sulla barca e avevo davanti lo stesso sito meteo con freccette addirittura rosse che puntavano sulla fottuta Libia e ho urlato e urlato finché Cris mi ha detto “Va bene Sis” e non è salito e poi gli ho urlato di non far salire neanche gli altri, che c’erano donne e bambini, e lui lo ha fatto e nessuno è partito. E non sono morti. Non sono affondati in mezzo alla tempesta. Ma sono affondati in mezzo alla guerra, alla fame e alla prigionia. In Libia.

“Morire in mare per noi è meglio che tornare in Libia” mi ha scritto poi Cris.

Dov’è adesso la barca? Nella SAR di Malta.

Alarm Phone ha pubblicato un appello su Twitter. Chiede ai maltesi di salvare Cris e i 64 rifugiati che sono con lui. Chiede ai maltesi di fare il loro dovere e di svolgere il servizio per cui sono profumatamente pagati dall’Europa nell’area SAR che Malta si è autoattribuita appunto per incamerare questi soldi.

Sulla barca una ragazza è svenuta e hanno bisogno di aiuto urgente, scrive Alarm Phone.

Un terrore sordo e gelido si impadronisce di me. E’ luglio e tremo. Perché si fa presto a provare empatia per “100 migranti su un gommone”, ma quando capita a qualcuno che conosci davvero è diverso, l’empatia si trasforma in panico e sprofondi in un incubo.

Nel giro di un’ora mi chiamano tutti gli amici e i parenti ancora in vita di Cris. Dalla Libia, da Malta, da un fiordo svedese. Molti di loro sono i sopravvissuti alla deportazione segreta del 2 luglio. Le persone normali della mia età partecipano attivamente alle chat di gruppo delle mamme della scuola dei figli. Io faccio parte della chat di gruppo dei deportati in Libia dalle navi italiane. Oggi è piena di faccette in lacrime, tutte per Cris. Oggi questi ragazzi, una parte dei quali è ancora nei lager libici, sono i miei compagni di incubo.

Leggiamo i bollettini di Alarm Phone e tremiamo assieme:

Ore 8:48 Le persone a bordo sono nel panico! Dicono di stare imbarcando acqua. Nella zona le onde raggiungono i 2 metri e c’è forte vento. Il soccorso non deve essere ritardato ma Malta non sta rispondendo alle chiamate di soccorso.

Ore 10:05 Siamo ancora in contatto con le persone in pericolo: ”Stiamo morendo, stiamo morendo! Nessuno ci aiuta, c’è solo il mare! Per favore aiuto aiuto aiuto!” gridano al telefono in panico.

Dato che i maltesi (Ripeto, perché è importante: pagati per operare salvataggi nella loro zona SAR) non hanno intenzione di operare salvataggi nella loro zona SAR, Alarm Phone ha provato a chiedere alla Tunisia, ma senza successo.

Alarm Phone pubblica la posizione della barca di Cris:

E’ poco a sud di Lampedusa, ma ancora in SAR maltese, perché la SAR maltese arriva quasi sotto Lampedusa.

Le mamme a casa (dove la casa non c’è più).

Il papà di Cris è morto, la mamma è ancora in Eritrea. Quando Cris ha compiuto quattordici anni, sua mamma non gli ha regalato un motorino per andare a scuola, come si fa da noi in Italia per i ragazzini che fanno il compleanno. In Eritrea non si festeggia il compleanno e non è previsto continuare la scuola. C’è solo l’esercito, a tempo indeterminato, fino ai sessant’anni. Come tante altre mamme eritree, la mamma di Cris ha detto “No” e ha pagato i trafficanti. Questo è stato il regalo di compleanno di Cris.

Nelle chat di gruppo delle mamme, il desiderio comune è uno: che i figli vadano a scuola e che stiano bene. La mamma di Cris non è diversa da tutte le mamme del mondo. Ma sono due anni e mezzo che vive in un  incubo. Deserto, gommone, deportazione in Libia, lager, fame, malattia, fuga, guerra ed ora questo: il suo bambino su una barca in mezzo al mare.

Mi immedesimo in lei quando alzo il telefono e chiamo la Guardia Costiera italiana. E’ un dialogo folle:

“Pronto, vorrei segnalare delle persone in difficoltà in mare. Imbarcano acqua e hanno bisogno di aiuto immediato. Ho le coordinate…”

“Sono… migranti?”

“Sono persone”.

La Guardia Costiera italiana è gentile, prende le coordinate. Ma non manda i soccorsi. Perché la barca è in SAR maltese.

Faccio altre telefonate. Da mamma, da attivista, da sorella maggiore di Cris, da persona in preda alla disperazione, da non so più cosa sono. Chiamo tutti i parlamentari che conosco. Cioè, i pochi parlamentari ancora umani esistenti in Italia. Si dimostrano subito disponibili ad aiutare: bisogna convincere il nostro Governo a mandare aiuto oppure ad imporsi con i maltesi perché svolgano il loro semplice dovere.

Intanto a bordo

Mentre il mondo si chiede se salvare o se lasciar morire sessantacinque ragazzini, i sessantacinque ragazzini sono alla deriva.

Forse c’è un gabbiano che sorvola la barca. Il motore è spento, non funziona più. Il ragazzo che guida, che non è uno scafista ma solo un ragazzo che guida, ha rinunciato. Non sa niente di mare e di motori.

Cris invece non si arrende: hanno ancora una tanica di carburante, insufficiente per raggiungere una qualsivoglia terra, hanno ancora sette bottigliette d’acqua, insufficienti per dar da bere a tutti. Ma non ci si può semplicemente accasciare e morire, non si può.

Cris si alza in piedi e propone di dare le sette bottigliette d’acqua alle ragazze. Tutti accettano. Se sua mamma potesse vederlo, sarebbe fiera di lui.

Assieme ad altri ragazzi, Cris raggiunge il motore. Non sanno niente di mare e di motori, ma provano a riavviarlo. Non si può non tentare. Non si può.

Cinquecento miglia marine più a nord.

Ci sono io che devo partire. Tornare in campagna. Un viaggio breve, un’ora e mezzo al massimo, ma non riesco a staccarmi dal telefono. Passano le ore. Alla fine riempio una borsa e vado. Imbocco l’autostrada per l’Aquila, mi fermo in tutti gli autogrill per controllare il telefono. Poi la strada inizia a salire sulle montagne, accendo la musica, mi aiuta a pensare.

Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia
Ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia
Proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto
D’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto

C’è bisogno di un’idea.

Mi fermo nell’area di sosta di Roviano. Scendo dalla macchina. Consulto il telefono e c’è una novità: l’aereo di Sea Watch, Moonbird, li ha avvistati in mare. Pubblica la foto

Dietro la barca si vede una scia: sono riusciti a riavviare il motore! Lì sopra c’è Cris.

Guardo le montagne dell’Appennino e mi ripeto che c’è bisogno di un’idea.

L’idea per convincere Malta a fare il suo semplice dovere.

L’idea viene ad un’attivista. In un mondo normale sarebbe un’azione doverosa, semplice, quasi scontata. Ma in questo mondo è qualcosa di a dir poco eccezionale.

Malta sta lasciando affogare delle persone in un’area in cui ha il DOVERE di intervenire. Bisogna intervenire legalmente, con degli avvocati. Ma il diritto non sembra considerare che chi sta affondando in mezzo al mare non è in grado di firmare una procura legale ad un avvocato. Questo è un bel problema. Eppure…

I minorenni non possono dare procure legali, c’è bisogno dei loro genitori!

Questa è l’idea. Ed è geniale.

Ci sono minorenni sulla barca? Certo, almeno 20, tra cui Cris! Si può rintracciare la mamma di Cris? Certo, c’è la chat di gruppo dei deportati dalle navi italiane che ci può aiutare!

Venti minuti. E’ il tempo che basta agli amici di Cris a mettere in contatto sua mamma con degli avvocati a Malta.

Caro Governo di Malta,

siamo avvocati che rappresentano la mamma di Cris, un minorenne che in questo momento state lasciando morire di sete e probabilmente affogare nella vostra zona SAR…

La lettera (scritta in legalese, ma il senso è questo) parte in serata.

Ancora una notte

Alarm Phone, bollettino delle ore 23: L’ultimo contatto con la barca è stato alle ore 21.00. Le persone erano in pericolo ed esauste, ci chiedevano di inviare la loro posizione GPS alle guardie costiere. Abbiamo mandato le loro posizioni alle autorità europee da oltre 16 ore senza ottenere risposta.

Da me, cinquecento miglia marine più a nord, la campagna è buia. E’ la stessa notte che incombe sulla barca, ma diversa, perché sulla barca non c’è più una goccia di carburante o d’acqua da bere. Cris è alla deriva nel buio.

Abbiamo provato ad accendere la luce. Migliaia di attivisti di tutto il mondo sono ore che chiedono, in tutti i modi, di non lasciare affogare Cris e i suoi compagni. Globalist ha ripreso i miei tweet e fa girare questo appello. Io ho chiamato tutti, ma proprio tutti, quelli che conosco.

Ora cammino sola nell’oscurità, i piedi nudi che affondano nell’erba. Quante barche sono sprofondate nel buio? Quanti uomini, donne, bambini hanno telefonato ai soccorsi di Malta e sono stati lasciati affondare nel buio e nel silenzio? Tutti quelli che non avevano attivisti a lottare per loro, ad accendere una piccola luce per loro. Il numero esatto dei morti non lo sapremo mai.

Cris, almeno, non morirà in silenzio.

In uno dei suoi precedenti tentativi in mare, Cris è stato catturato dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica. Hanno fatto scendere tutti e li hanno caricati a forza su una motovedetta regalata dall’Italia alla Libia. Cris è piccolo, è rimasto indietro e si è appiattito sul fondo del gommone, sotto uno straccio. E’ rimasto solo, al buio, in mezzo alle onde. “Meglio morire in mare che tornare in Libia”. Poi i cosiddetti guardiacoste  libici sono tornati a prendere il gommone, perché dovevano rivenderlo agli scafisti, come fanno sempre, e hanno trovato Cris.

Cris sarebbe rimasto solo, alla deriva, su un gommone sgonfio, senza più telefono satellitare o gps. Solo. Nell’oscurità.

Trascorro la notte sveglia, ad aspettare aggiornamenti che non arrivano.

La mattina

Mi arriva, finalmente, una buona notizia, ovvero un messaggio dal deputato Matteo Orfini, che in queste ore drammatiche non è stato con le mani in mano, al contrario! Ha fatto anche lui decine di telefonate, restando in costante contatto con la guardia costiera italiana.

Il messaggio dice che una motovedetta maltese è (finalmente) andata a prelevare le persone sulla barca.

Sono davvero loro? Sono tutti vivi? Cris sta bene?

Purtroppo il Governo di Malta non rilascia dichiarazioni. Trascorriamo altre ore angosciose. Due giorni senza acqua da bere sono tanti, ci diciamo…

Veniamo a sapere che la motovedetta arriverà al porto di Malta più o meno alle tre del pomeriggio. Attendiamo.

Ore tre del pomeriggio. Malta.

C’è un reporter, a Malta, che scatta delle fotografie e le pubblica sul Times locale: sono i naufraghi appena salvati. E…

C’è Cris !!!

Le foto fanno il giro di tutte le nostre chat, mi arrivano telefonate da tutto il mondo e festeggiamo, sì, festeggiamo questa battaglia vinta contro le tenebre.

Perché di luce e ombra si tratta. Sempre.

Alle nove di sera squilla il telefono ed è Cris. A Malta. Vivo.

La luce, nella notte

Noi attivisti dobbiamo riposare, perché siamo svegli da giorni e abbiamo bisogno di ricaricarci per la prossima battaglia, che arriverà a breve, perché Malta tutti i giorni non fa il suo dovere. Infatti, neanche una settimana dopo, la tragedia si ripeterà e una bimba di un anno appena verrà lasciata quattro lunghi giorni in mare. Non morirà, perché, ancora, migliaia di attivisti lotteranno per lei.

Così mi metto a dormire. Spengo il cellulare, stanotte posso. Spengo la luce. Poggio la testa sul cuscino. Ma la stanza è ancora illuminata. C’è un piccolo bagliore, intermittente. Forse ho lasciato acceso il telefono, penso, ma no, è sul comodino, spento. Il bagliore proviene dall’altra parte della stanza. Alzo gli occhi e lo vedo. Ed è bellissimo.

Una lucciola. Proprio stasera, un mese dopo la fine del tempo delle lucciole, c’è una lucciola nella mia stanza. Ora è sopra il mio letto, rischiara il buio con la sua danza sinuosa. Sorrido. Non sto sognando, è tutto vero ed è magnifico. E’ un segno, chiarissimo, proveniente da un altro mondo. Non so quale mondo, ma sicuramente uno molto più bello e giusto di questo.

E così, cullata e guidata da quella luce amica, mi addormento.

Firefly è lo spettro protettore degli attivisti. Lotta con noi.

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