Qualche giorno fa Rai3 ha mandato in onda il film “La verità negata” (Denial), del 2016, presentandolo come un film che condanna il negazionismo.
Io, però, ho trovato questo film fortemente negazionista, nella sua stessa struttura narrativa e in tutti i suoi elementi.
Li espongo qui, sperando di poter anche raccontare, a chi ha visto il film e non è mai stato ad Auschwitz, quelle storie e quelle verità che sono state (volutamente?) tralasciate.
“La verità negata”, per chi non lo sa, racconta la storia vera del vero processo Irving vs Penguin Books, durato 4 anni, dal 1996 al 2000. Il negazionista David Irving aveva denunciato per diffamazione la professoressa Deborah Lipstadt perché, tra le altre cose, lo aveva tacciato di negazionismo. Oggi possiamo usare anche noi il termine “negazionista” per definire Irving, perché alla fine del processo c’è stata una sentenza che ha stabilito proprio questo: Irving era un negazionista dell’Olocausto.
Ma torniamo al film.
Prendi un piccolo particolare…
In una battuta, uno degli avvocati della professoressa Lipstadt, riassume il modus operandi dei negazionisti:
Il negazionista “Afferra un minuscolo fatto e, dato che non può essere provato concretamente, allora getta un dubbio su tutto”.
Immaginate la mia sorpresa, durante la visione, nel rendermi conto che la stessa struttura narrativa del film fa proprio questo: prende un particolare, mostra che non può essere provato, e dimentica tutte le altre verità.
Il particolare che il film sceglie è il tetto della camera a gas e crematorio II di Birkenau (Auschwitz II), quella fatta esplodere dai nazisti prima dell’arrivo dei russi. L’edificio è interamente crollato.

Il film tratta per una buona mezz’ora la questione della realtà storica delle camere a gas appoggiando interamente TUTTA la discussione sul piccolo particolare dei fori presenti sul tetto, poi crollato, dell’edificio. “C’erano davvero questi fori?” si chiede Irving, e il film con lui. E se non c’erano, vuol dire che non poteva essere immesso il gas Zyklon B e che nessun ebreo è morto ad Auschwitz, sostiene il personaggio di Irving.
E il film? Rimane mezz’ora a parlare di quattro buchi su un tetto crollato.
La conclusione? Il crematorio è crollato e quindi non più scientificamente analizzabile, sostiene Irving.
Insinua il dubbio e poi tace.
Peccato che…
Ad Auschwitz c’è un’altra camera a gas con annesso crematorio, intatta, perfettamente visitabile e visionabile anche oggi.
Io ci sono stata. Ci ho camminato dentro, ho visto i fori sul soffitto da cui i nazisti immettevano lo Ziklon B, ho visto i forni crematori in cui venivano bruciati i cadaveri. Non me la sono sognata, c’è veramente!
Eccola
Perché, mi chiedo, nel film è stato dibattuto per più di mezz’ora se quella distrutta a Birkenau (Auschwitz II) fosse o meno una camera a gas e dimenticato, del tutto, che poco lontano, ad Auschwitz I, ce n’è una intatta?
E’ successo anche nel vero processo?
No. Sono andata a spulciare la gigantesca mole delle trascrizioni di ciò che è stato detto in aula. Il discorso sui fori nel tetto dell’edificio crollato a Birkenau, c’è, ma si parla anche di molto altro, compresa la camera a gas rimasta intatta nel primo campo.
Perché “La verità negata”, che è stato girato anche nel museo di Auschwitz, non la mostra?
E perché, nel film, non vengono nominate le tantissime prove
fisiche dell’esistenza di camere a gas in altri campi?
Ma andiamo avanti:
Le prove.
All’inizio del film, il personaggio della professoressa Lipstadt dichiara che non ci sono prove fotografiche che un ebreo sia stato in una camera a gas e si chiede “Qual è la prova? Quanto può essere valida?”.
“Dove sono le prove?”, “Quali sono le prove?”, “Perché non è stato provato?” sono solo 3 delle decine e decine di volte in cui questo concetto viene ribadito nel film, un vero e proprio mantra che penetra nella testa dello spettatore.
Ma tutte le prove che ci sono rimaste dell’Olocausto – e ce ne sono Tantissime – non vengono mostrate o raccontate.
Il potere economico degli ebrei.
“La verità negata” inizia con una lezione della professoressa Lipstadt ai suoi studenti.
Riporto il testo integrale in italiano:
La negazione dell’Olocausto si basa su 4 postulati fondamentali:
NUMERO 1: Che non c’è mai stato un tentativo sistematico e organizzato, da parte dei nazisti, di uccidere tutti gli ebrei in Europa.
NUMERO 2: Che il totale è di molto inferiore a 5 o 6 milioni.
NUMERO 3: Che non ci sono state camere a gas o centri di sterminio costruiti per questo scopo.
NUMERO 4: Che l’Olocausto è di conseguenza un mito inventato dal popolo ebreo per ottenere compensazioni economiche e accrescere le fortune della Stato di Israele.
Nel film viene dato estremo risalto alla ricchezza e al potere della comunità ebraica londinese e mondiale che finanzia la difesa della professoressa Lipstadt, con scene di cene eleganti in case lussuose di ricchi ebrei e citazione di personaggi influenti che vorrebbero pagare tutto.
I sopravvissuti.
Ma parliamo dei sopravvissuti.
La storia del processo Inving vs Penguin Books (quella vera) ci racconta che i i sopravvissuti all’Olocausto non vennero fatti testimoniare.
Il film racconta questa scelta e la motiva: per non dare le vittime in pasto ad Irving.
Di fatto, nel processo, ai sopravvissuti è stata tolta la voce.
E lo è stato fatto anche nel film. C’è il personaggio di una sopravvissuta che assiste alla causa, ma anche a lei – in quanto personaggio – viene negato di parlare.
Peccato. Poteva essere l’occasione di restituire voce alle vittime.
“La verità negata” ha scelto di non farlo. Perché? Perché sono solo storie e, in quanto storie, non sono dimostrabili e potrebbero essere false? Questo ci dice, il film? Questo dubbio, insinua dentro di noi?
Conclusioni
“La verità negata” ha una struttura narrativa negazionista?
Me lo chiedo e rifletto.
Forse ce l’ha, volutamente, ma per un altro motivo. Ricordiamoci che il soggetto è stato scritto dalla stessa professoressa Deborah Lipstadt.
“La verità negata”, con la scena della sentenza, arriva a una verità: l’Olocausto è realmente avvenuto e Irving è solo un negazionista. Se per arrivare alla verità, il film ha fatto lo sforzo di usare lo stesso modus operandi dei negazionisti, mettendo tutto in dubbio, allora questa verità non potrà essere contestata dai negazionisti.
Il gioco narrativo può avere un senso.
Ma siamo sicuri che lo spettatore lo abbia capito? Siamo sicuri che non se ne vada in giro a dire che non ci sono prove dell’esistenza delle camere a gas ignorando che esistono centinaia di fotografie e testimonianze?
Il mio dubbio, l’unico, è questo. Se voi ne avete altri, magari dopo aver visto questo film, fate alla vecchia maniera: chiedete a chi è stato ad Auschwitz. Fate ancora in tempo!
Io penso che non si debba mai rimanere in silenzio e che – specialmente oggi – il silenzio giovi solo ai negazionisti.
Delle tante testimonianze dei sopravvissuti sulle camere a gas, gente che le ha viste, che ha visto le persone che ci morivano dentro, spesso i propri cari, riporto la più lucida, la più “scientifica”: quella di Shlomo Venezia.
Ascoltatela.
E magari andate a visitare Auschwitz – Birkenau, così potrete vedere con i vostri occhi, come ho fatto io.
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