Caso nave Orione: Governo italiano condannato a versare 15 mila euro a testa ai ricorrenti e a pagare 9000 euro di spese legali.

Tutti conoscono il caso Hirsi ma pochi conoscono la causa civile per il respingimento operato della nave Orione. Il consiglio che do sempre agli attivisti è di studiarla perché, assieme alla causa Hirsi, è una pietra miliare nel contrasto legale ai respingimenti in Libia.

La prima volta che ne sentii parlare fu in un bar in cui ero andata ad incontrare degli avvocati per informarli che avevo scoperto il respingimento Asso Ventinove. L’avvocato Salvatore Fachile mi disse che il caso gli interessava e che stava portando avanti la causa Orione.

Grazie alle cause Hirsi e Orione l’Italia cessò di deportare persone con le navi militari perché facendolo avrebbe reiterato un REATO. Tante persone oggi sono vive perché avvocati come Cristina Laura Cecchini e Salvatore Fachile hanno aiutato pro bono le persone respinte.

Per reiterare il reato in maniera segreta, i governi italiani usarono nuove strategie illegali. Utilizzarono navi cargo, in segreto, ma gli attivisti – stavolta me compresa – riuscirono a bloccare, con azioni legali come quella per il caso Asso Ventinove, i respingimenti con le navi cargo italiane. Adesso stiamo cercando di bloccare anche quelle con navi cargo non italiane, e ci stiamo riuscendo. In questa lunga partita a scacchi, i governi italiani hanno trovato la strada (a mio parere illegale) di finanziare e coordinare le milizie libiche per effettuare i respingimenti nei lager. Con il JLProject stiamo attaccando anche questo sistema.

Il respingimento effettuato dalla Nave Orione

nave Orione

Un gruppo di 89 persone di nazionalità eritrea, il 27 giugno 2009 stava fuggendo dalla Libia su una piccola imbarcazione.
Dopo 3 faticosi terribili giorni di navigazione, il gruppo arrivò in vista di Lampedusa. Era il 30 giugno 2009. Era notte. Le persone erano felici. Ma il motore smise di funzionare.
Vennero soccorse, a poche miglia da Lampedusa (secondo il Governo italiano a 26 miglia, ovvero in acque internazionali), dalla Nave Orione, della Marina militare italiana.
A bordo della nave Orione, le persone naufraghe vennero rassicurate dall’equipaggio. “Ora vi portiamo in Italia“, dissero i militari italiani. Ma mentivano. Sequestrarono tutti gli oggetti personali (foto, denaro, documenti). Fotografarono tutte le persone e ad ognuno assegnarono un numero identificativo.
La Nave Orione avviò il motore. Solo nelle prime ore del mattino del 1 luglio le persone si resero conto che la nave stava andando verso sud. Ci furono panico e proteste. La gente urlava ed implorava, raccontava cosa aveva subito in Libia, piangeva. Ma i militari italiani non invertirono la rotta. Arrivò una motovedetta libica e si affiancò alla nave Orione. I rifugiati vennero trasbordati di peso sulla motovedetta libica e lì ammanettati con fascette di plastica.
In Libia le persone vennero sbarcate e portate nei lager. Lì “furono brutalmente e indiscriminatamente picchiate” e rimasero per mesi, detenute “in condizioni inumane e degradanti”.

L’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni commentò la deportazione dichiarando: “Svolta storica contro i clandestini, è un nuovo modello di contrasto in mare per chi cerca di arrivare illegalmente” (fonte La Repubblica)

Alcune persone respinte, sopravvissute a malattie, fame e torture, riuscirono a fuggire dalla Libia nel 2010 e arrivarono via terra in Israele, dove furono bloccati dalle autorità locali.

In israele erano a rischio di espulsione ma riuscirono a mettersi in contatto con il gruppo di avvocate e avvocati del progetto Sciabaca & Oruka di ASGI tra cui c’erano Salvatore Fachile e Cristina Laura Cecchini.

La causa di primo grado per il respingimento di nave Orione

Vinta nel 2019 dalle persone respinte. L’Italia venne condannata a rifondere ad ognuna di loro la cifra di 15 mila euro e ad ammetterle tutte su territorio italiano.

I loro avvocati andarono a prenderle all’aeroporto di Fiumicino. Momento bellissimo.

Adesso la sentenza di appello: conferma il primo grado.

Il Ministero della Difesa e la Presidenza del Consiglio italiana hanno appellato la sentenza di primo grado ma… hanno perso anche la seconda volta.

Ecco i dispositivo della sentenza (che potete leggere ingralmente sul sito di Melting Pot).

Inoltre assegna 9000 euro di spese legali agli avvocati delle persone respinte.

Mi chiedo: il governo italiano adesso vorrà evocare la Cassazione e perdere anche quella?

Respingere persone in Libia è un reato

Si accumulano le sentenze civili e penali che condannano tutti coloro che in questi anni hanno deportato in Libia persone prese in mare. Nei tribunali penali c’è stata la condanna (definitiva) ad un anno di reclusione per il comandante italiano Giuseppe Sotgiu. Nei tribunali civili ci sono risarcimenti alle persone sopravvissute ai lager.

Prima o poi il gigantesco sistema di catture in mare e deportazioni nei lager libici crollerà e i politici italiani che lo hanno tenuto in piedi in questi anni verranno condannati, dai tribunali e dalla Storia.

Questo blog ha bisogno di aiuto, scopri perchè. Qui sotto trovi il link alla donazione con PayPal o carta. Sappi che il blog farà fruttare parecchio ogni euro che arriverà e ti renderà fiero di averlo donato.

Lascia un commento