La storica sentenza contro il fermo della Humanity stabilisce che la Libia non è un posto sicuro e la guardia costiera libica è violenta e irregolare. Le autorità italiane condannate a pagare oltre 14 mila euro di spese legali.
La Humanity è libera, l’Italia deve pagare le spese legali
Il 26 giugno 2024 il Tribunale ordinario di Crotone – prima sezione civile – ha emesso la sentenza per il ricorso contro il fermo della nave Humanity. Ha condannato l’Italia a:
- Annullamento del Provvedimento di Fermo Amministrativo di 20 giorni disposto dalla Capitaneria di Porto di Crotone, dalla Questura di Crotone e dalla Guardia di Finanza.
- Rimborso delle Spese Legali: L’Italia è condannata a rifondere agli attori le spese di lite, che sono state liquidate in euro 14.103,00, oltre al rimborso forfettario del 15% delle spese generali, IVA e CPA come per legge, oltre agli esborsi.
A pagare saranno le autorità citate in giudizio, ovvero:
- Ministero delle Infrastrutture e Trasporti retto da Matteo Salvini
- Ministero dell’Interno retto da Matteo Piantedosi
- Ministero dell’Economia e delle Finanze retto da Giancarlo Giorgetti
- Guardia di Finanza, Sezione Operativa Navale di Crotone
La motivazione: la Libia non è un porto sicuro e la guardia costiera libica è violenta e irregolare
I punti importanti di questa sentenza sono 3:
Dovere di Soccorso: Il Tribunale ha riconosciuto l’obbligo di soccorso in mare, sottolineando che tale dovere include lo sbarco dei naufraghi in un luogo sicuro, cosa che la Libia non può garantire a causa delle sistematiche violazioni dei diritti umani
Condotta della Guardia Costiera Libica: La sentenza ha evidenziato le pratiche violente e irregolari della guardia costiera libica, come documentato da rapporti internazionali.
Insussistenza del Pericolo: La corte ha escluso che la condotta della nave Humanity 1 abbia creato pericolo per l’incolumità delle persone coinvolte.
Il caso: l’attacco dei libici alla Humanity
Sabato 2 marzo 2024 la cosiddetta Guardia Costiera libica penetrò in modo violento in un’operazione di soccorso operata dalla nave Humanity 1. Sparò colpi di arma da fuoco sulle persone che erano in acqua e sull’equipaggio della nave ONG. Secondo i sopravvissuti almeno una persona annegò.
La notte tra il 4 e il 5 marzo i 77 sopravvissuti sbarcarono a Crotone (il porto assegnato – lontanissimo – dalle autorità italiane).
La mattina del 5 marzo la nave Humanity 1 fu messa in stato di fermo amministrativo con la motivazione di aver ostacolato la cosiddetta Guardia costiera libica e di aver messo in pericolo le persone soccorse. Cosa che – dice il tribunale – è FALSA: è andato tutto al contrario:
La verità – ora anche processuale – è che è stata la cosiddetta Guardia Costiera libica ad aver ostacolato la Humanity e ad aver messo in pericolo le persone soccorse
La sentenza si aggiunge alle TANTE che stanno uscendo dai tribunali. TUTTE dicono che la Libia non è un porto sicuro. Questa dice anche che la Guardia Costiera Libica è violenta e NON rispetta gli standard internazionali di sicurezza e diritti umani.
Cito alcune parti della sentenza:
“Ad ulteriore riscontro di ciò viene in rilievo lo stesso rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’Uomo di Maggio 2021 che in più occasioni ha evidenziato il mancato rispetto, durante le operazioni di recupero espletate dalla guardia costiera libica, dei diritti fondamentali della persona. Per come infatti riferito dalla stessa relazione: ‘Durante il periodo di riferimento, più di 20.300 migranti sono stati registrati come salvati/intercettati in mare dalla LCG e sbarcati in Libia, di cui più di 11.200 nel 2020. L’OHCHR ha precedentemente rilevato un modello di comportamento sconsiderato e violento da parte della LCG nel corso delle intercettazioni in mare, tra cui sparare contro le imbarcazioni dei migranti o nelle loro vicinanze, entrare in collisione con le imbarcazioni dei migranti o speronarle, condurre manovre ad alta velocità e non sicure che causano grandi onde e il rovesciamento delle imbarcazioni dei migranti, atti di violenza fisica come percosse e schiaffi ai migranti e l’uso di un linguaggio minaccioso, discriminatorio o razzista.‘”

“Costituisce infatti circostanza incontestata e documentalmente provata che il personale libico fosse armato e che, in occasione di tali attività, avesse altresì esploso colpi di arma da fuoco; parimenti, costituisce circostanza evincibile dalla corrispondenza in atti che nessun luogo sicuro risulta essere stato reso noto dalle stesse autorità libiche intervenute per coordinare sul posto le operazioni di recupero dei migranti.”
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