Tra tutte le storie di uomini da ricordare una delle mie preferite è quella di Giorgio Perlasca, un commerciante italiano che a Budapest salvò rocambolescamente 5218 persone dalle camere a gas naziste perché… era un uomo NORMALE.
In che senso normale?
Giorgio Perlasca nel 1943 ha 33 anni ed è a Budapest da un po’ di tempo, a lavorare come importatore di carni. E’ un normalissimo commerciante, originario di Padova.
L’8 settembre c’è l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati e Perlasca, come moltissimi italiani, si rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale Italiana perché sotto le armi ha fatto un giuramento al Re. Budapest in questo momento è retta da un governo filo-nazista e di fatto occupata dai tedeschi. Perlasca quindi per le SS diventa subito un fuorilegge e rischia seriamente di venire deportato. Un bel guaio.
Ma non ci dimentichiamo che Perlasca è una persona normale, un uomo comune.
Un commerciante italiano che vive e lavora all’estero durante la guerra come ve lo immaginate? Furbo, direte voi, magari anche un po’ traffichino, sicuramente capace di far amicizia con tutti.
Se questa storia fosse un romanzo il personaggio di Perlasca verrebbe criticato in quanto clichè dell’italiano medio, mancante solo di mandolino.
Invece la storia è vera e Perlasca è un normale scaltro italiano che sopravvive di espedienti.
E così si trae velocemente fuori pericolo: va a trovare il console spagnolo Ángel Sanz Briz, che diventato suo amico perché Perlasca fa amicizia con tutti, e si fa dare la nazionalità spagnola cambiando anche il suo nome, da Giorgio ad Jorge.
La Spagna è un paese neutrale e i tedeschi non toccano i cittadini spagnoli. Il console spagnolo Ángel Sanz Briz, che è una brava persona e molto intelligente, lo sa bene e gli viene un’idea: concedere la cittadinanza spagnola agli ebrei ungheresi. L’ambasciata spagnola a Budapest possiede una serie di case protette dalla copertura diplomatica (sono territorio spagnolo) dove tutta questa gente può vivere sicura.
Giorgio Perlasca, anzi Jorge Perlasca, si trasferisce all’ambasciata e inizia ad aiutare Ángel Sanz Briz ad attuare questo geniale progetto. Vanno in giro per la città con un’auto diplomatica e cercano di portare all’ambasciata più persone possibile.
Così passano un po’ di mesi.
Poi la situazione a Budapest precipita. Questo anche perché i nazisti, che stanno perdendo la guerra, sono passati ad attuare la loro “soluzione finale”. Siamo nella primavera del ’44. Da aprile a luglio oltre 430.000 ebrei ungheresi vengono deportati ad Auschwitz Birkenau ed immediatamente uccisi. Dalla stazione di Budapest i treni non smettono più di partire.
Nel novembre 1944 Sanz Briz è costretto a fuggire da Budapest. E’ divenuto troppo pericoloso restare. Ha un salvacondotto per espatriare e ne da anche uno a Perlasca, chiedendogli di seguirlo.
Ma Perlasca non si muove.
Rimane all’ambasciata assieme alle migliaia di ebrei ungheresi, ora divenuti spagnoli, che vivono nelle case protette.
Una volta partito il console Sanz Briz, Perlasca fa una cosa, una cosa questa volta si, non normale. Una cosa semplice che cambierà il destino di migliaia di persone.
Cerco di immaginarmi il momento: entra nell’ambasciata spagnola. C’è silenzio, gli uffici sono deserti, per terra il disordine di chi ha lasciato il posto di lavoro in tutta fretta con l’idea di non tornarvi più. Sale le scale ed entra nell’ufficio del console, la porta è aperta. Arriva alla scrivania ed apre il primo cassetto, lo richiude e apre il secondo. Eccola, la carta intestata dell’ambasciata. Prende il primo foglio, una penna elegante dimenticata sulla scrivania e inizia a scrivere. Cosa scrive? Che il console spagnolo adesso… è lui.
Quando ho enumerato le caratteristiche del normale commerciante italiano che vive e lavora all’estero ho scritto che è furbo, un po’ traffichino e che fa amicizia con tutti, ma ne ho dimenticata una: la faccia tosta.
Sono Jorge Perlasca, il console spagnolo a Budapest. Due bugie in una sola frase.
C’è un timbro sulla scrivania, il timbro dell’ambasciata. Perlasca lo preme nell’inchiosto e poi sul foglio di carta intestata.
Adesso le due bugie sono diventate vere.
Non ci sono più spagnoli a Budapest nel 1944 e durante la guerra i telefoni non funzionano. Nessuno può quindi smentire Perlasca. I tedeschi se la bevono!
Il nuovo vero falso console inizia un lavoro frenetico: stampa cambi di nazionalità e salvacondotti per tutti gli ebrei che riesce a strappare alla follia nazista. Addirittura va alla partenza dei treni per Auschwitz con l’auto diplomatica, carica gente a caso e dice ai nazisti che sono cittadini spagnoli. Mille, duemila, tremila, quattromila, cinquemila persone.
Per la precisione 5218 persone.
Per farvi capire l’entità della cosa vi ricordo che Oscar Schlindler ne ha salvate circa 1200.
Alla fine, come sapete, i nazisti perdono e Budapest viene liberata. Perlasca torna a Padova e la sua storia finisce nel dimenticatoio.
Fino…
… agli anni Ottanta, quando in Israele due donne che erano state salvate da lui raccontano al mondo tutto quanto. Subito Perlasca viene insignito del titolo di “giusto”.
E poi?
In Italia Enrico Deaglio va ad intervistare Giorgio Perlasca, ormai ottantenne. Era un normale vecchietto che dopo la guerra ha vissuto una vita tranquilla e priva di clamori.
Deaglio gli fa una domanda semplice ma importantissima.
Gli chiede perché.
PERCHE’ ha salvato tutte quelle persone mettendo a repentaglio la propria vita?
Il vecchietto lo guarda, anche un po’ infastidito, e risponde: “Lei, che cosa avrebbe fatto al mio posto?”
Che altro poteva fare l’uomo normale, davanti a tanto orrore, se non questo?
Deaglio intitola il suo libro “La banalità del bene”.
C’è una miniserie televisiva, fatta bene e scritta da Rulli e Petraglia, che purtroppo si intitola “Perlasca: un eroe italiano”.
A me il titolo non piace e penso non sarebbe piaciuto neanche a Perlasca, che è morto nel 1992. Questo perché preferisco pensare che Perlasca non sia un eroe, ma che sia un uomo normale, quasi banale, e che gli uomini normali facciano queste cose.
E’ per questo che ho intitolato questo articolo “Giorgio Perlasca, un uomo normale”.
Nel nome di Giorgio Perlasca, nel nome di tutti quelli normali come lui, nel nome di chi oggi prende un paio di cesoie e va a strappare una rete per far passare gli altri, nel nome di chi si tuffa in mare perché vede boccheggiare una faccia di un altro colore, ribadisco che LA NORMALITÀ DELL’UOMO E’ QUESTA.
“Lei, che cosa avrebbe fatto al mio posto?”
Bibliografia
– La banalità del bene – storia di Giorgio Perlasca (Enrico Deaglio, 1991)
– Giorgio Perlasca, L’impostore, Il Mulino
Filmografia
– Perlasca: un eroe italiano (su Rai Premium)
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ci sono delle piccole omissioni, la prima e che Perlasca aveva combattuto in Spagna come camicia nera, ed aveva imparato a parlare un perfetto spagnolo, alla fine della guerra gli fu consegnata una lettera, dal governo spagnolo, dove c’era scritto che grazie al suo contributo la spagna gli era riconoscente, e che in qualsiasi momento se avesse avuto bisogno della spagna bastava esibire quella lettera, ecco perchè ebbe un aiuto da parte del ambasciatore spagnolo, non perchè era un italiano furbo che faceva amicizie, secondo Giorgio come lui stesso disse era un fascista convinto ma quando entrarono le leggi razziali nel 38 lui strappò la tessere del partito per protestare contro, non credo che c’entrasse la fedeltà al Re.
Grazie per la precisazione
Bello che abbia rinnegato il fascismo
prego …
Non sapevo praticamente nulla della storia di Giorgio Perlasca, e me ne vergogno. Ho scoperto il film dopo aver saputo che la colonna sonora era stata composta dal M° Morricone, e mi è piaciuto molto. Non saprei trovare un aggettivo adatto a descrivere l’impresa di quest’uomo, mi ha lasciato senza parole.