Alle famiglie abbiamo detto che secondo la nostra esperienza il governo italiano è colpevole di omissione di soccorso e respingimento illegale. E che ne abbiamo le prove.

Prima di tutto una nota personale sulla comunicazione con le famiglie

MAI nella vita avrei immaginato di dover sostenere conversazioni come quella che ho avuto con le famiglie delle vittime del naufragio del 14 dicembre 2023. Parlare con chi ha appena avuto un lutto è già difficile, ma parlare da cittadina italiana con chi ha perso qualcuno a causa delle scellerate decisioni del governo italiano è qualcosa di impensabile, una vergogna che non consiglierei al mio peggior nemico.

“Ecco” mi dicevo tra me e me vergognandomi come una ladra delle mie origini “adesso per il solo fatto che sono italiana queste famiglie chiuderanno la conversazione”. Invece non è successo, mi hanno risposto e mi hanno ringraziata. Fare di tutt’erba un fascio è per fortuna solo una caratteristica dei fasci.

E così abbiamo cominciato a parlare, a raccontarci cose, a scambiare informazioni tra la mia scrivania in Italia e un piccolo villaggio del Gambia.

Guardo adesso le foto delle persone che sono morte. Le famiglie me le stanno inviando. Osservo quei visi in pose festose e nei loro occhi vedo solo sogni. Il sogno di vivere una vita normale in un paese normale le ha portate nell’inferno della Libia e poi in mare, non una ma più volte. Quel sogno si è infranto nell’acqua, mentre l’Europa era troppo occupata a far leggi per tenere fuori a tutti i costi (anche con l’omicidio) gli esseri umani e i loro sogni.

L’Italia ha fatto affogare 61 persone

Al JLProject abbiamo studiato il caso e possiamo tranquillamente affermare che l’Italia – che gestisce assieme a Frontex l’operazione Themis, ha lasciato affogare le 61 persone. L’omissione di soccorso è chiarissima.

Alarm Phone ha già ricostruito egregiamente il caso, potete leggere tutto qui. Riassumo i punti più importanti:

  • 86 migranti di origine subsahariana (soprattutto del Gambia) partono dal porto di Zuwara, uno dei principali punti di partenza, dove uno dei più potenti scafisti è un poliziotto libico.
  • La barca è un gommone bianco sovraffollato. Le onde sono altissime.
  • Arrivati in acque internazionali, i rifugiati in fuga dalla Libia si rendono conto che stanno affodando.
  • Alle 16 UTC (17 nostre) chiamano i soccorsi. Riescono a contattare Alarm Phone fornendo la propria posizione, che è N 33°26’57.60 E 012°05’25.80 (acque internazionali in SAR libica).
  • Subito Alarm Phone chiede aiuto per loro: avvisa IMRCC ovvero il comando della Guardia Costiera italiana a Roma. Poi avvisa per iscritto tutte le autorità: Italia, Malta e Libia.
  • 16:10 UTC: l’aereo di Frontex Osprey 2, che sta pattugliando un’area a nord, davanti alle coste tunisine, vira bruscamente verso la zona della barca in distress e poi spegne il transponder. Abbiamo la sua rotta.

NOTA IMPORTANTE: L’aereo Osprey 2 lavora per l’operazione Themis (operazione di Italia e Frontex). Quindi Themis, dirottandolo sulle coordinate della barca in distress, ha probabilmente assunto il caso.

  • Alle 16:55 UTC Alarm Phone parla al telefono con i libici chiedendo di mandare i soccorsi.
  • Nessuno arriva.
  • La Guardia Costiera italiana NON contatta la nave ONG Ocean Viking, che sta tornando verso l’Italia con 26 persone su ordine del governo italiano (ricordiamo che il decreto Piantedosi impone un solo salvataggio) e a cui è stato assegnato il lontanissimo porto di Livorno (Fonte: Angela Nocioni in questo ottimo articolo su L’Unità)

Roma diffonde un messaggio “in nome della Guardia Costiera Libica”.

  • Alle 19:26 UTC – più di 3 ore dopo essere stata avvisata – la Guardia Costiera italiana, da Roma, emana un messaggio ufficiale di distress.

Leggiamolo. E’ stato diffuso su twitter da Sergio Scandura.

Il lessico è molto interessante.

“On behalf of the libyan navy coast guard” esordisce Roma. “In nome della guardia costiera libica”.

Può il corpo di uno Stato parlare al nome del corpo di un altro Stato? Se la cosiddetta guardia costiera libica scrivesse in nome della guardia costiera italiana o della marina militare italiana penso che Giorgia Meloni farebbe decollare i caccia…

Nella mia esperienza, quando la Guardia Costiera italiana ha bisogno di emanare un ordine che in Italia è illegale… si finge i libici. E’ successo anche nel caso Nivin. Uguale uguale.

Anche questa volta gli italiani hanno intenzione di emanare un ordine illegale? Vediamo…

I veri libici, nel frattempo, non hanno alcun interesse per il gommone che affonda

  • Alle 19:55 UTC Alarm Phone richiama i libici. Questa volta rispondono che hanno deciso di non mandare soccorsi perché il mare è troppo agitato. Ma mentono, perché nel frattempo sono andati a catturare altre barche.

NOTA di JLP: il disinteresse dei libici per la barca in affondamento può essere spiegato con la tendenza del governo libico a catturare persone in buona salute, abili al lavoro, da poter avviare con profitto al lavoro forzato secondo la legge libica 19/2010. Gente moribonda non interessa al governo libico.

  • Alle 20:33 l’aereo spia Osprey 2 di Frontex riaccende il trasponder. Torna verso nord esattamente dal luogo dove si trova la barca in distress.

Scandura ha tracciato tutti gli aerei che hanno sorvolato la scena. Tutti in servizio all’operazione Themis. Ha individuato 3 missioni:

Il gommone è stato individuato probabilmente dall’aereo spia di Frontex Osprey 2

La Guardia Costiera italiana (MRCC di Roma) nel suo messaggio inmarsat delle 19:26 UTC ha diffuso le coordinate del gommone e l’orario in cui sono state segnate:

LAT 33 24 N LONG 012 04 E – coordinate raccolte alle 18:17 UTC

Chi ha raccolto queste coordinate? In zona alle 18:17 UTC c’era sicuramente l’aereo spia di Frontex Osprey 2, a transponder spento. Noi abbiamo tracciato la sua rotta precedente e successiva.

Qual è l’ordine illegale che la Guardia Costiera italiana non può dare?

  • Alle 20:40 UTC (Fonte: Alarm Phone): MRCC Roma ordina alla la nave cargo VOS TRITON di andare verso l’imbarcazione in pericolo. Non abbiamo il messaggio originale, ma scommetto che anche questo inizia con “per conto della guardia costiera libica”.
  • Nel frattempo il gommone bianco affonda.

I libici si fanno vivi solo alle 21:47

  • 21:47 UTC: Dopo 5 ore dall’avvistamento del gommone, i libici danno il primo cenno della propria presenza. Spediscono un messaggio inmarsat. Il messaggio viene diffuso dal sistema inmarsat alle 2204 UTC. Eccolo:

Come potete vedere il messaggio dei libici è un copia e incolla di quello degli italiani e riporta le stesse identiche coordinate (LAT 33 24 N LONG 012 04 E alle 18:17 UTC).

Questo messaggio inmarsat suggerisce che sono stati gli italiani a trasmettere ai libici le coordinate del gommone. Di sicuro è la prova che i libici erano perfettamente in grado di spedire messaggi inmarsat, senza utilizzare gli uomini della Guardia Costiera italiana come galoppini. Ci sono decine e decine di messaggi inmarsat spediti dai libici negli ultimi anni.

Come nel caso Nivin, di nuovo l’Italia finge di parlare a nome dei libici?

La nave Vos Triton arriva sulla scena. Chi le dà ordini?

  • Quando la nave Vos Triton arriva sulla scena, alcune ore dopo, 61 persone sono affogate e 25 sopravvissute. La Vos Triton le prende a bordo.
  • Poi quacuno ordina alla Vos Triton di deportare i 25 sopravvissuti a Tripoli. La Vos Triton esegue e 25 persone vengono deportate nei lager libici. Ci hanno detto ieri che i libici hanno chiesto loro riscatti di migliaia di dollari per liberarli.

Chi è questo qualcuno? Non lo sappiamo. Tenteremo di fare accesso agli atti a nome delle vittime al Ministero dei Trasporti retto da Matteo Salvini. Ma ogni volta riceviamo un diniego per “segreto militare”.

Durante il caso Nivin l’ordine fu dato da un account email google che si spacciava per un anonimo guardiacoste libico. Potete leggere la storia qui.

Il fatto è che l’ordine di deportare persone in Libia è illegale e le navi che deportano persone in Libia lo fanno illegalmente violando le leggi europee. E’ il motivo per cui Giuseppe Sotgiu, comandante della Asso Ventotto, è stato condannato in 3 gradi di giudizio a un anno di reclusione. E’ il motivo per cui centinaia di rifugiati stanno facendo causa al governo italiano chiedendo risarcimenti per i respingimenti illegali da loro subiti.

JLProject sta aiutando i deportati e le famiglie delle vittime ad avere giustizia

Stiamo rintracciando tutti e trovando prove. Questo è ciò che sappiamo fare e questo è ciò che facciamo.

Questo caso sarà una delle centinaia di cause contro il governo italiano che stiamo contribuendo a fare.

Se volete aiutarci e avete del tempo da dedicare al volontariato, potete entrare nel JLProject scrivendomi un messaggio.

Postilla: questo caso si inserisce nel contesto del collaborazionismo della navi cargo e della persecuzione mediatica e giudiziaria contro Luca Casarini e Mediterranea

La Vos Triton è una nostra vecchia brutta conoscenza. Stiamo seguendo altri due casi in cui ha deportato persone in Libia violando le leggi europee.

Come ho raccontato tempo fa, esiste un dibattito tra gli armatori cargo in merito alla liceità delle deportazioni in Libia ordinate dall’Italia. Gli attivisti sono riusciti a far ragionare alcuni armatori, che ora si dividono in tre macroscuole di pensiero:

  1. quelli che continuano ad operare deportazioni illegali. Come la società proprietaria della Vos Triton.
  2. Quelli che hanno smesso, tediati dalle cause di risarcimento e dalle condanne penali.
  3. Quelli che non lo fanno perché non lo ritengono giusto, come Maersk.

Io ringrazio Luca Casarini, Beppe Caccia e tutta Mediterranea per aver sensibilizzato molti armatori europei raccontando loro cosa subiscono in Libia le persone deportate. Ha funzionato e il governo italiano, sconfitto, ha contrattaccato con mezzucci di rappresaglia.

Racconterò anche questo alle famiglie delle vittime.

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