Sono entrati in carcere i due carabinieri che uccisero Stefano Cucchi.

Ieri la Quinta sezione della Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.

“Saranno sollecitamente conclusi, con il massimo rigore i procedimenti disciplinari a carico dei due” ha promesso lo Stato, al termine della sentenza. E così, per la prima volta, è stato: Di Bernardo e D’Alessandro si sono consegnati alla giustizia e sono stati trasferiti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (provincia di Caserta).

Stefano Cucchi è morto per le percosse subite. Una verità semplice e drammatica. Eppure ci sono voluti ben 12 anni per un verdetto. Se penso a tutte le false perizie mediche uscite, compresa quella che inventava una improbabile epilessia come causa della morte, mi gira la testa.

In questi anni abbiamo seguito tutti l’allucinante iter giudiziario del caso Cucchi.

Abbiamo fatto manifestazioni, fiaccolate, memorial, concerti, girato film, scritto libri…

Siamo stati osteggiati e insultati, spesso da politici. Ecco qualche esempio:

Chiedevamo solo giustizia. Non vendetta, ma giustizia. Giustizia, per me, è soprattutto che gli assassini di Stefano non possano più indossare una divisa. Come dovrebbe accadere in un Paese civile in cui le forze dell’ordine vengano addestrate e pagate per aiutare e proteggere le persone, non per massacrarle di botte e ucciderle.

Oggi l’abbiamo avuta. Gli assassini di Stefano Cucchi sono in carcere e non gireranno mai più armati per le strade della mia città!

Questa cosa mi sembra bellissima, quasi incredibile!

Scrivevo: “In questi anni ho incontrato diverse volte Ilaria. Tutte le volte mi ha abbracciata. Un abbraccio vitale e intenso, che unisce. Ilaria abbraccia così. Ilaria unisce. Ilaria non si arrende e, quando l’abbracci, capisci che nella vita non devi arrenderti neanche tu“.

Oggi posso aggiungere che ha ragione.

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