And Just Like That, nuovo seguito di Sex And The City, fa crollare in borsa la cyclette di lusso Peloton. E’ una ribellione contro il dilagante product placement nell’indistria televisiva e cinematografica?

Attenzione: l’articolo contiene spoiler sulla prima puntata della serie And Just Like That.

Sex And The City ha ricevuto decenni di critiche per la scelta dei personaggi femminili: donne bianche e ricche. Eppure le quattro amiche di Manhattan hanno conquistato le simpatie di milioni di donne in tutto il mondo, anche di quelle più serie e impegnate, che hanno perdonato alla serie il continuo sfoggio di prodotti di lusso inacquistabili per il 99% della popolazione mondiale.

And Just Like That, il seguito di Sex And The City, ha deciso di rimediare. Ha inserito nuovi personaggi: donne nere ricche, donne nere meno ricche, donne che prendono la metropolitana, transgender ispanici… A prima vista sembra un’accozzaglia di politically correct piazzata alla dove capita, stile gita organizzata di due ore nel selvaggio Bronx o bed and breakfast nel vero finto basso napoletano; ma ho visto soltanto due puntate della serie, quindi aspettiamo.

E i prodotti? Accanto alle immancabili scarpe Manolo Blahnik e a mamma Charlotte che spende l’equivalente di un anno di reddito di cittadinanza per comprare alle figlie due abiti firmati Oscar de la Renta da indossare al saggio della scuola, ci sarà qualcosa che possiamo comprare anche noi poveri mortali? Apparentemente no.

Ma arriva la bici Peloton…

La bici Peloton racconta come i ricchi hanno affrontato il lockdown

Una cyclette di lusso collegata a internet per poter partecipare ad allenamenti di spinning online condotti da sexy allenatrici virtuali. Costo: dai 2200 dollari in su (molto in su). Non è ancora commercializzata da noi, ma negli Stati Uniti ha venduto più di 3 milioni di pezzi durante i primi mesi della pandemia.

E’ stato il prodotto simbolo della pandemia dei ricchi. In una New York che si spopolava di persone costrette a lasciare le proprie case in affitto perché rimaste disoccupate, negli attici della Quinta Strada i manager pedalavano con vista sul parco.

In And Just Like That il personaggio di Mr. Big, magnate sposato con la protagonista Carrie, ha una bici Peloton e si acchitta una seratina casalinga in alternativa ad un evento mondano-familiare proposto dalla sua compagna. Rimane solo nella sua splendida casa. Pedala, pedala e pedala, fino al limite delle sue forze, seguendo gli incitamenti dell’istruttrice virtuale che sembra chiedere sempre di più. Finito l’allenamento, il manager smonta dalla bici, viene colto da un improvviso dolore al braccio sinistro, si accascia sul pavimento della doccia. Infarto. Muore.

I risultati quali sono?

All’indomani della messa in onda di And Just Like That, il titolo Peloton crolla in borsa.

-11,3% il primo giorno, -5% il giorno dopo.

Il titolo Peloton arriva ai minimi storici. L’azienda è furibonda.

La produzione di And Just Like That aveva chiesto e ottenuto dalla Peloton l’approvazione per l’uso della bici nello show, ma… aveva dimenticato di fornire indicazioni sulla trama.

Le reazioni di Peloton

And Just Like That

La Peloton , prima degli avvocati, sguinzaglia una cardiologa, la quale effettua pubblicamente l’anamnesi del personaggio di Mr. Big: “Aveva uno stile di vita sopra le righe. Ha fatto scelte pericolose e non conosciamo la sua storia familiare, che è rilevante”. E poi conclude: “pedalare sulla Peloton potrebbe aver persino ritardato questo infarto”.

Per limitare i danni, la Peloton addirittura coinvolge l’attore Chris Noth, che interpretava il defunto Mr. Big, in un onirico spot intitolato “And just like that…he’s alive”.

” And just like that…” dice Noth nella pubblicità “al mondo è stato ricordato che il ciclismo regolare stimola e migliora il cuore, i polmoni e la circolazione, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari. La bicicletta rafforza i muscoli del cuore, riduce il polso a riposo e riduce i livelli di grasso nel sangue”.

Servirà? Forse no. Del resto, la scena è terribilmente realistica: i ricchi neworkesi, nelle loro case, sono al riparo dalle rapine delle bande di strade, hanno un’assistenza sanitaria a cinque stelle, autisti che evitano di farli guidare ubriachi. Le cause di morte rimaste loro, quali sono? L’arroganza di voler pilotare da soli il proprio jet o di voler strafare con gli sport, estremi e non.

Pare, comunque, che i problemi della Peloton non siano soltanto di fiction. A maggio è stata costretta a richiamare tutti i suoi tapis roulant “Tread” e “Tread+” dopo la morte di un bambino e altri incidenti per cui è intervenuta la commissione statunitense per la sicurezza dei prodotti.

La vendetta degli sceneggiatori sul product placement

Prodotti commerciali collocati in bella vista in film e programmi televisivi. Una pratica che ci ha sempre dato molto fastidio.

In Italia le leggi sono più stringenti ed è vietato incoraggiare esplicitamente il pubblico all’acquisto del prodotto inserito. Ciò da quando, negli anni Ottanta e Novanta, eravamo costretti a subire veri e propri spot dentro le serie televisive. Ricordate I ragazzi della Terza C? In ogni puntata la storia si fermava e uno dei personaggi proponeva “Beviamoci una bella Seven Up”. Fastidiosissimo. Per evitare questo l’Italia ha leggermente regolamentato il product placement: non è vietato far vedere un marchio, ma questo non deve essere coinvolto troppo nella trama e nelle battute. E’ cinema, non pubblicità! Ci sono anche altri divieti: niente marchi di sigarette e medicinali e niente pubblicità di prodotti negli audiovisivi destinati ai bambini. Ultimamente è però insorto un fenomeno contrario: il cinema e la televisione sono entrati negli spot e ci siamo ritrovati a guardare apposta la pubblicità. Un esempio è la produzione più recente del gruppo The Jackal.

Negli Stati Uniti le regole sul product placement praticamente non esistono. Ognuno fa come vuole e spesso aziende sponsorizzano film in cambio della comparsa dei loro prodotti. Gli sceneggiatori sono costretti ad inventare scene poco credibili come la Smart che vince l’inseguimento nel Codice Da Vinci o come Marty McFly che in Ritorno al Futuro chiede una serie di bibite nuove targate Pepsi al barista del passato, con tutto il pubblico che pensa “Idiota! Se chiedevi una normale CocaCola te la dava!”.

Una frustrazione pesante, quella degli sceneggiatori. La scrittura tiranneggiata dalle merci. Mi piace pensare che, questa volta, sia stata la sceneggiatura ad avere la meglio sui prodotti. Del resto, uno scrittore oggi ha fatto crollare un titolo in borsa.

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