Abbandonati nel deserto tra Tunisia e Libia. Tutti i video. La Tunisia deporta migliaia di migranti.

La deportazione nel deserto

Dal 28 giugno al 10 luglio 2023, per stessa ammissione del governo tunisino, a Sfax vengono arrestati almeno 1200 tra rifugiati e migranti africani (inclusi donne e bambini) ed espulsi verso la frontiera con la Libia. Negli stessi giorni il ministro degli Interni tunisino Kamel Feki e il suo omologo libico Mustafa Trabelsi si incontrano e stringono un accordo riservato sulla questione migranti.

I rifugiati vengono deportati in pullman. Refugees in Lybia ha diffuso il video della deportazione:

La carovana è arrivata nella zona desertica di Ras Agedir (Libia). I rifugiati sono stati fatti scendere dai pullman e abbandonati nel deserto senza cibo e senza acqua. Molti di loro sono donne con bambini piccoli e persone malate o ferite. . Molti denunciano di essere stati privati di documenti e denaro e di non avere nemmeno i soldi per comprare l’acqua.

I malcapitati non possono dirigersi verso le città libiche perché in Libia è in vigore la legge 19/2010, che prevede la pena del carcere a tempo indeterminato con lavori forzati per gli stranieri irregolari arrestati in mare o in territorio libico. Deportando persone in Libia, la Tunisia le condanna ad una triste vita di prigione, lavori forzati e abusi di ogni tipo. I 1200 rifugiati non possono neanche tornare indietro perché il governo tunisino, interpellato da organizzazioni internazionali, ha dichiarato che non intende lasciarli rientrare in Tunisia. Sono state segnalate truppe di militari tunisine che respingono nel deserto i migranti picchiandoli e sparando colpi di fucile in aria.

Il razzismo del governo tunisinio

Il 21 febbraio 2023 durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale il presidente tunisino Kais Saied ha pronunciato parole razziste e xenofobe. Ha parlato di “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” che sarebbero arrivati in Tunisia “con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”.

Le orribili parole del presidente tunisino, fortemente criticate da tutta la società civile e oggetto di un durissimo comunicato di denuncia di Amnesty International, hanno contribuito ad aumentare le violenze e le persecuzioni razziali in tutta la Tunisia.

I migranti hanno organizzato manifestazioni di protesta in tutta la Tunisia per chiedere aiuto all’ONU.

L’Italia e l’Europa supportano la Tunisia

I governi europei, primo tra tutti quello italiano, non hanno stigmatizzato le parole razziste del presidente tunisino Kais Saied. Tutt’altro.

Moltissimi sono i contatti tra il Governo Meloni e il governo tunisino. Tutte le dichiarazioni si assomigliano: “L’Italia chiede maggiori sforzi contro l’immigrazione clandestina” (Tajani), “Proficua cooperazione bilaterale tra i nostri Paesi. Lavoriamo insieme per sviluppo, sicurezza e governo dei flussi migratori, contrastando i trafficanti che traggono profitto dall’immigrazione illegale” (Piantedosi).

Giorgia  Meloni ha dichiarato che sta lavorando per “una missione europea che blocchi le partenze in collaborazione con autorità africane” e poi ha aggiunto di voler aiutare economicamente la Tunisia.Un film (dell’orrore) che abbiamo già visto con la Libia.

Osservatori internazionali temono  che l’Italia stia iniziando a finanziare in Tunisia lo stesso sistema di deportazioni su base razziale che gestisce in Libia.

Di sicuro l’operazione europea di cattura in mare di migranti in partenza dalla Tunisia è già iniziata.  Nei primi mesi del 2023 l’agenzia europea Frontex ha schierato ben 3 aerei: Osprey 2, Osprey 3 e AS2132, che è un drone.
Sono anni che gli assetti aerei Frontex vengono fatti decollare prima dell’alba per intercettare i barconi in SAR libica e trasmettere le coordinate ai libici. Cosa illegale – nel mondo civile europeo almeno – per cui ci sono e ci saranno migliaia di cause legali. Nel 2022 Frontex ha delegato in modo abbastanza costante uno dei suoi aerei al pattugliamento dell’area di fronte alla Tunisia. Nel 2023 ha più che raddoppiato il pattugliamento.

La difficile condizione dei rifugiati in Tunisia

Le condizioni dei rifugiati in Tunisia sono peggiorate nel 2022. C’è stata una prima escalation di attacchi violenti contro rifugiati e richiedenti asilo in Tunisia, in particolare nel periodo successivo alla chiusura dei centri di accoglienza temporanea a Zarzis.

Ma a fine febbraio 2023, dopo le parole di Kais Saied, folle di razzisti tunisini sono scese in strada aggredendo migranti, studenti e richiedenti asilo.

La reazione del governo tunisino è stata durissima, ma non nei confronti degli assalitori, bensì delle vittime: ha arrestato gli stranieri e li ha espulsi. Il 4 marzo 2023 il governo di Tunisi si è affrettato ad organizzare aerei speciali e ha rimpatriato circa 300 maliani e ivoriani. A bordo dei voli persone terrorizzate dal loro recente passato (le persecuzioni subite in Tunisia) e terrorizzate dal loro prossimo futuro (le persecuzioni che sarebbero tornate a subire dopo l’atterraggio).

In questi anni migliaia di rifugiati africani e asiatici, nel loro lungo e pericoloso viaggio verso la salvezza, sono transitati per la Tunisia.

Fuggiti dai lager libici, a volte i migranti riescono a passare il confine con la Tunisia e a rifugiarsi lì.
Una volta in Tunisia, i rifugiati chiedono aiuto all’UNHCR, che dovrebbe sostenere per alcuni mesi e provvedere all’evacuazione in Europa di quelli che hanno i requisiti per richiedere asilo (ovvero appartenenza alle 9 nazionalità riconosciute meritevoli di aiuto o a categorie vulnerabili). Di norma UNHCR dovrebbe fornire un aiuto economico per 3 mesi: 74 euro al mese, totale 222 euro. Ma molte volte non lo fa. Inoltre spesso non considera meritevoli d’aiuto persone vulnerabili, ad esempio bambini piccoli e donne vittime di tratta. Nel 2022 UNHCR ha evacuato dalla Tunisia soltanto 2 persone (Fonte: ASGI).

La Tunisia per i migranti ha sempre rappresentato un luogo dove potevano curarsi le ferite, fisiche e psicologiche, dei lager libici e sopravvivere per qualche mese. Ma era un vero e proprio cul-de-sac: niente evacuazioni, niente barche. I tunisini non permettevano agli stranieri di imbarcarsi illegalmente per l’Italia e i rifugiati, per farlo, erano costretti a ritornare in Libia.

Fino al 2020 sui barconi salpati dalle coste tunisine e approdati a Lampedusa si trovavano quasi esclusivamente cittadini tunisini.

Nel 2021 qualcosa è cambiato ed i migranti hanno iniziato ad imbarcarsi anche dalla Tunisia.

Secondo dati ufficiali italiani, nel 2022 sono arrivati ​​in Italia clandestinamente dalla Tunisia oltre 32mila migranti, di cui solo 18mila tunisini.

Nel marzo 2023 si è arrivati a numeri impressionanti: in 24 ore la guardia costiera tunisina cattura in mare 2034 persone su 30 diverse barche, di queste 2025 sono migranti subsahariani e soltanto 9 sono tunisine.

Fino al 2020 la guardia costiera tunisina teneva a freno le partenze delle barche dirette in Italia. Poi ha iniziato a non lo farlo più. Perché? I porti di partenza sono sempre gli stessi. L’esperienza libica insegna che un sistema di imbarchi illegali NON può essere portato avanti senza accordi con le forze dell’ordine. Oggi, di fatto, la guardia costiera tunisina permette ai trafficanti di organizzare viaggi. Sui trafficanti le informazioni sono ancora scarse, ma si suppone siano di nazionalità tunisina.

Assieme alla possibilità di imbarcarsi, in Tunisia è arrivato anche qualcos’altro: razzismo, violenza. E’ il modello libico: il migrante odiato e considerato un essere inferiore, ma anche sfruttato economicamente e fisicamente, nella totale impunità conferita dal governo.

La protesta dei rifugiati in Tunisia davanti alle sedi di UNHCR

Secondo l’UNHCR in Tunisia nel 2021 c’erano 8850  rifugiati e richiedenti asilo. C’è da precisare che i migranti in Tunisia sono molti di più, perché l’UNHCR considera “rifugiati” soltanto persone di 9 nazionalità (prima erano 7) da loro considerate meritevoli di aiuto. Gli altri sono considerati “migranti economici” e dimenticati. In realtà le regole dell’UNHCR prevedono di includere nella protezione anche persone vulnerabili di nazionalità altre, ma nella pratica non è così. In Libia per esempio lo staff di UNHCR ha escluso dalla protezione le donne vittime di tratta. In Tunisia, secondo il movimento di protesta dei rifugiati, sta facendo lo stesso.

Nel 2022 UNHCR ha evacuato dalla Tunisia soltanto 2 persone (Fonte: ASGI).

I migranti protestano davanti agli uffici di UNHCR, a Tunisi e a Zarzis. Chiedono diritti ed evacuazione in altri Paesi. A Tunisi hanno anche organizzato un presidio, con tende da campeggio.

Come è accaduto in Libia, l’UNHCR ha reagito male alle proteste e ha chiamato le forze di polizia tunisina. Le stesse – denunciano i rifugiati – che postano sui loro social network ufficiali frasi simili a quelle del presidente tunisino Kais Saied aizzando la popolazione alla caccia all’immigrato.

L’unica nota positiva in tutta questa storia  è che anche in Tunisia i migranti si sono uniti. “Migranti”, non “rifugiati”, perché l’esperienza dei Refugees in Libya, il movimento di Tripoli, è riuscita a contrastare culturalmente l’ONU che li voleva divisi – i “rifugiati” di 9 nazionalità contrapposti ai “migranti economici” di tutte le altre, esseri superiori ed esseri inferiori, i primi meritevoli di esistere, i secondi no – e a diffondere la giusta verità: “chi fugge dal proprio paese affrontando l’inferno è un essere umano uguale a me ed ha diritto ad un futuro”.

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