Il Foglio e L’Unità rivelano che il capo dell’Aise (i nostri servizi segreti per l’estero) è volato a Tripoli per avvisare i criminali libici ricercati dalla Corte Penale internazionale.
In un articolo, il quotidiano Il Foglio rivela che lo scorso 28 gennaio il capo dell’Aise, Giovanni Caravelli, è volato a Tripoli per un incontro segreto con i vertici del governo libico. Secondo fonti sentite dal Foglio, lo scopo dell’incontro era “escogitare un piano per evitare nuovi episodi imbarazzanti come quello che il mese scorso ha portato all’arresto e alla scarcerazione immediata di Osama al Najem Almasri”.
Sempre secondo Il Foglio, Caravelli avrebbe incontrato il premier libico Abdulhamid Dabaiba e il procuratore capo di Tripoli, al Sidiq al Sour, portando una lista segreta di criminali libici indagati dalla Corte Penale internazionale. Tra questi nomi ci sarebbero quelli di 86 criminali libici per cui la CPI aveva emanato mandati d’arresto riservati un giorno prima, il 27 gennaio.
Anche L’Unità riporta la stessa notizia e anzi, rincara la dose: “In casi del genere si parla di servizi segreti deviati” scrive Piero Sansonetti.
Dopo gli articoli, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha diffuso una nota in cui annunciava “azioni legali in sede civile” contro Il Foglio e l’Unità.
Perché è così grave
Quelle fatte dai giornali sono accuse gravissime.
La Corte Penale internazionale tende a non pubblicizzare i propri mandati d’arresto per non far fuggire i criminali. Almasri per esempio non sapeva di essere ricercato e la CPI è stata molto brava a mantenere il segreto fino a poche ore prima dell’arresto.
Se i servizi segreti italiani avessero comunicato la lista riservata dei mandati d’arresto CPI al premier libico Dadaiba, la notizia sarebbe arrivata subito ai ricercati perché molti di loro sono amici e collaboratori di Dadaiba. Ciò rappresenterebbe una evidente azione di favoreggiamento di criminali di guerra.
Ricordiamo che la Libia non riconosce la Corte Penale internazionale e che, quindi, i criminali libici non possono essere arrestati o processati in Libia.
Cosa farà adesso la Corte Penale internazionale?
La CPI sta già indagando l’Italia per il caso Almasri. Probabilmente indagherà per accertare la veridicità delle accuse dei due giornali.
Ciò che pare evidente però è che la trattativa stato (italiano) – mafia (libica) è ormai senza controllo e sta mettendo a rischio la posizione dell’Italia in Europa. Vediamo in continuazione i nostri governanti scattare sull’attenti agli ordini di miliziani libici. Agli occhi del mondo l’Italia, da paese dell’Europa del Sud, ormai sembra sempre più un paese dell’Africa del nord.
Io spero che la CPI capisca che se non può più arrestare i mafiosi libici può ancora agire contro i loro complici italiani.
Questo blog ha bisogno di aiuto, scopri perchè. Qui sotto trovi il link alla donazione con PayPal o carta. Sappi che il blog farà fruttare parecchio ogni euro che arriverà e ti renderà fiero di averlo donato.