Gli scafisti tunisini confessano ai giornalisti i retroscena politici del business dei migranti diretti a Lampedusa.
Premessa: il segreto di Pulcinella
Ciò che leggerete in questo articolo è solo la conferma di ciò che un osservatore medio-basso già aveva capito da tempo: il governo tunisino ha avviato un business di partenza di migranti allo scopo di spaventare l’Europa e percepire denaro per fermare le barche. E’ una dinamica così palese che non ci vuole il mio articolo per spiegarla e quindi mi scuso in anticipo con il 99% dei miei lettori.
Le confessioni degli scafisti tunisini
In una recente intervista pubblicata su Quotidiano Nazionale, uno dei tanti scafisti tunisini ammette candidamente al giornalista Alessandro Farruggia: “Il presidente Saied è stato abile, ci ha sostanzialmente usato per fare l’accordo con l’Unione europea, per farvi impaurire“.
Il business di Sfax, nato negli ultimi anni, ha arricchito un po’ tutti. Fino al 2021 sui barconi salpati dalle coste tunisine e approdati a Lampedusa si trovavano quasi esclusivamente cittadini tunisini.
La guardia costiera tunisina teneva a freno le partenze delle barche dirette in Italia. Poi ha iniziato a non lo farlo più ed i migranti hanno iniziato ad imbarcarsi dalla Tunisia. Secondo dati ufficiali italiani, nel 2022 sono arrivati in Italia clandestinamente dalla Tunisia oltre 32mila migranti, di cui solo 18mila tunisini. Nel 2023 i migranti partiti dalla Tunisia sono stati quasi esclusivamente non tunisini. Monitoriamo ad esempio le catture operate dalla guardia costiera tunisina. In una giornata di bel tempo, a luglio 2023, in 24 ore vengono catturate in mare 2034 persone su 30 diverse barche: 2025 erano migranti subsahariani e soltanto 9 erano tunisini.
“Il business ha tirato molto per tutto l’anno” racconta uno degli scafisti tunisini intervistato da Alessandro Farruggia “qui a Sfax ci abbiamo guadagnato il giusto in parecchi, anche gente rispettabile che ci metteva i centomila dinari per comprare le barche, ci finanziava“.
Oltre ai finanziatori privati, c’è stato anche il patrocinio del governo tunisino del presidente Saied. Del resto l’esperienza libica ci insegna che un sistema di imbarchi illegali NON può essere portato avanti senza accordi con le forze dell’ordine locali. I porti di partenza sono sempre gli stessi ed è impossibile nascondere centinaia di persone che si imbarcano da una spiaggia.
Giorgia Meloni si è fatta imbrogliare dai tunisini
Saied voleva “impaurire l’Europa” ovvero ricattare l’Europa: dateci soldi e fermeremo le partenze. Tra gli europei che si sono lasciati imbrogliare e hanno ceduto al ricatto c’è stata certamente Giorgia Meloni, che si è precipitata a Tunisi per firmare un memorandum d’intesa e ha promesso centinaia di milioni di euro.
Dopo la firma del memorandum le partenze dalla Tunisia sono magicamente diminuite.
“Il presidente Saied ha dato ordine alla Guardia Nazionale di bloccarci” denunciano gli scafisti tunisini.
Pagare gli scafisti tunisini NON servirà a nulla
La mia previsione è la seguente: Saied vuole più soldi, non gli bastano i cento e rotti milioni promessi da Giorgia Meloni, per lui sono spiccioli. Farà sicuramente ripartire il business e chiederà di più. Esattamente come fa il governo libico.
Nel frattempo, inoltre, in Tunisia sono arrivate due cose – di probabile importazione italiana – che faranno precipitare ancora la situazione: la mafia e il razzismo.
Gli scafisti tunisini hanno acquisito tanto potere e tanto denaro. Così tanto che saranno presto in grado di trasformarsi in milizie, come è accaduto in Libia, e di andare al governo.
L’Italia stia iniziando a finanziare in Tunisia lo stesso sistema di deportazioni su base razziale che gestisce in Libia. Il governo Meloni ha stretto rapporti con un presidente, Saied, dichiaratamente razzista con un piano di sterminio razziale. Le forze di Saied hanno deportato nel deserto migliaia di persone allo scopo di assassinarle. La Tunisia assassina donne e bambini abbandonandoli nel deserto.
Le condizioni dei rifugiati in Tunisia sono terribili. Negli ultimi giorni assieme al JLProject ho intervistato molte vittime della polizia tunisina, soprattutto donne. Oltre agli omicidi nel deserto, la polizia tunisina ha iniziato con le violenze: pestaggi, torture, stupri.
“La polizia tunisina ci ha catturate e rinchiuse” mi ha raccontato una ragazza pochi giorni fa “Ha scelto le ragazze da violentare. Io ho detto di essere incinta e non mi hanno presa”. Hanno violentato quasi tutte le sue compagne. “Poi ci hanno deportate nel deserto e lì abbandonate“.
Cosa possiamo fare
Insieme al JLProject stiamo indagando sui crimini del governo tunisino allo scopo di denunciarli a livello europeo. Tanti migranti ci stanno contattando per rilasciare la loro testimonianza. Ci mandano anche foto e video.
E’ a mio parere necessario ottenere sentenze europee che stabiliscano una volta per tutte che la Tunisia non è un porto sicuro perché viola i diritti umani. E’ poi necessario far decadere gli accordi Italia-Tunisia, che impoveriscono il nostro paese culturalmente ed economicamente.
TUTTE le strategie del governo italiano per fermare le migrazioni sono fallimentari e impoveriscono i cittadini italiani. Finiremo per pagare all’Albania 500mila euro all’anno per ogni rifugiato tenuto prigioniero lì. E non servirà a nulla.
Questo articolo è dedicato alle ragazze che conosco in Tunisia. Sono sopravvissute alla tratta nigeriana, alo deserto, alla tratta libica, ai lager, al mare e adesso rischiano di morire in una terra che solo pochi anni fa conoscevamo come meta turistica e che oggi si è trasformata in un inferno.
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