C’è chi mi accusa di fare FUOCO AMICO e di usare toni troppo accesi nel raccontare e denunciare cosa sta avvenendo in Libia. Questa è la mia risposta:

Il mio non è FUOCO AMICO perché quelli che occultano cosa avviene in Libia NON SONO AMICI.

Non sono miei amici e non sono amici dei rifugiati vittime del “sistema Libia”. Tutto il contrario: sono NEMICI. Nemici dei rifugiati, nemici dell’umanità e della verità. Tacendo, raccontando l’1% di ciò che avviene, cedendo al compromesso del “racconto solo cosa mi fanno raccontare, è meglio di niente”, essi sono parte stessa dell’inumano “sistema Libia” e sono più nocivi degli stessi assassini e torturatori.

Prendetelo come il manifesto di questo blog. Un blog LIBERO.

Già che ci sono, riassumo qui i principi che sto seguendo:

PRIMO: Io sono una portavoce e restituisco la voce alle vittime

SECONDO: io non ho padroni o gente che mi indichi cosa scrivere e cosa non scrivere. Quindi scrivo TUTTO ciò che mi raccontano le vittime.

(dopo averlo, ovviamente, controllato incrociandolo con documenti e altre testimonianze)

Le vittime del sistema Libia mi segnalano, tutte, che chi dovrebbe aiutarle, chi E’ PAGATO per aiutarle, non lo fa.

Io denuncio questa cosa.

Sì, i miei toni sono tosti, aspri, a tratti agghiaccianti. Sono gli stessi toni di Kissa, giovane rifugiata che sto seguendo da quasi un anno, sono gli stessi toni dei sopravvissuti al bombardamento di Tajoura: “La realtà è questa, Signori, nuda, semplice e cruda. Se la tacete, se ne edulcorate un pezzo per non pestare i piedi a qualcuno, diventate complici”.

(Non mi invitate a parlare di Libia nei convegni e nei talk show? Pazienza!)

Questo mondo deve rivedere il concetto di “amico dei rifugiati”.

Gli “amici” sono quelli che non si girano dall’altra parte, che denunciano ciò che vedono.

I miei amici sono così. E per fortuna sono tanti.

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