Il testo del decreto Piantedosi 1/2023 sui soccorsi delle ONG in mare è volutamente sibillino. Non cita ciò che vuole davvero vietare (il secondo soccorso). Va letto e capito.

Questo articolo è un tutorial… per la gente normale

Parlando con attivisti come me, ovvero gente normale senza una formazione giuridica, mi sono resa conto che tutti citano il decreto Piantedosi ma in pochi lo hanno letto. Così ho pensato di scrivere questo tutorial, che stavolta non è per zucche vuote ma semplicemente per chi ne ha bisogno.

Se siete avvocati o giuristi non leggetelo! Qui cercherò di spiegare le cose con parole semplici, che a voi magari possono fare orrore, ma che a noi comuni mortali servono per capire cosa sta accadendo.

Il testo del decreto Piantedosi è volutamente sibillino, scritto apposta per occultare ciò che vuole veramente vietare e vietarlo lo stesso. E’ breve ma mefistofelico. Serve una mappa per orientarsi in queste parole.

Il decreto Piantedosi non vieta il secondo soccorso… eppure lo vieta

Nel mondo dell’attivismo tutti citano il decreto come “la legge che vieta il secondo soccorso” alle ONG che ne hanno effettuato uno. In realtà il testo non cita mai la questione del secondo soccorso – perché una legge NON PUO’ vietare un soccorso in mare. Eppure grazie a questo decreto il Governo Meloni riesce a vietare lo stesso il secondo soccorso. Come fa? Magia nera? Leggiamolo e capirete!

DECRETO-LEGGE 2 gennaio 2023, n. 1

Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori. (23G00001)

Il decreto legge 1/2023 recante “disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare” è stato emanato dal Ministero dell’Interno retto da Matteo Piantedosi il 2 gennaio 2023 e convertito in LEGGE il 24 febbraio 2023.

LEGGETELO e poi tornate qui.

Cosa dice davvero il decreto Piantedosi

Come avete visto, il decreto Piantedosi modifica i primi due articoli del precedente decreto legge 21 ottobre 2020, n. 1301 di Luciana Lamorgese che a sua volta modificava il decreto legge 25 luglio 1998, n. 286. Capire l’albero genealogico dei Buendia è più semplice.

Bisogna capire che tutti questi decreti legge hanno un unico semplice fine comune: ostacolare le migrazioni, a qualsiasi costo.

Anche il contesto è importante. I governi italiani hanno finanziato sistemi occulti e illegali di catture in mare e deportazioni in Libia di persone migranti ma si sono dovuti scontrare con 2 fattori di opposizione:

  1. la legge
  2. la società civile

Il testo del decreto Piantedosi, per cui sono tutt’ora al vaglio dubbi di incostituzionalità, segue la storica tendenza del ministero dell’Interno italiano ad ostacolare il lavoro delle ONG e lo fa con nuovi espedienti. Rovescia il punto di vista.

Il precedente decreto (Lamorgese) ammetteva che in base al diritto internazionale non si potevano bloccare o tenere fuori dalle acque territoriali le navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare:

il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, puo’ limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell’ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorita’ per la ricerca e soccorso in mare.

Anche il decreto Piantedosi sembra confermarlo…

Il transito e la sosta di navi nel mare territoriale sono comunque garantiti ai soli fini di assicurare il soccorso e l’assistenza a terra delle persone prese a bordo a tutela della loro incolumita.

Ma…

Il decreto Piantedosi pone delle condizioni alle quali le navi di salvataggio devono sottostare, pena NON il divieto di ingresso delle acque italiane (come aveva tentato di fare Salvini, fallendo) MA sanzioni e blocchi.

Le disposizioni del comma 2 non si applicano nelle ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo nella cui area di responsabilita’ si svolge l’evento e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni delle predette autorita’, emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali e delle norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo, fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita’ transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito di migranti via terra, via mare e via aria, reso esecutivo dalla legge 16 marzo 2006, n. 146. Ai fini del presente comma devono ricorrere congiuntamente le seguenti condizioni:

a) la nave che effettua in via sistematica attività di ricerca e soccorso in mare opera in conformità alle certificazioni e ai documenti rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di bandiera ed è mantenuta conforme agli stessi ai fini della sicurezza della navigazione, della prevenzione dell’inquinamento, della certificazione e dell’addestramento del personale marittimo nonché delle condizioni di vita e di lavoro a bordo;
b) sono state avviate tempestivamente iniziative volte a informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità;
c) è stata richiesta, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco;
d) il porto di sbarco assegnato dalle competenti autorità è raggiunto senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso;
e) sono fornite alle autorità per la ricerca e il soccorso in mare italiane, ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza, le informazioni richieste ai fini dell’acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata dell’operazione di soccorso posta in essere;
f) le modalità di ricerca e soccorso in mare da parte della nave non hanno concorso a creare situazioni di pericolo a bordo né impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco.

Di fatto, il decreto investe le autorità competenti di poteri decisionali assoluti sui soccorsi in mare operati dalle ONG. Grazie a questi poteri, ad esempio, non è più possibile operare un secondo soccorso, perché le navi sono obbligate a chiedere il porto di sbarco immediatamente dopo il primo. Ma non solo: le navi delle ONG sono tenute ad obbedire esattamente agli ordini delle autorità italiane (mi chiedo: anche quando questi sono illegittimi?), pena sanzioni e blocchi.

Il decreto Piantedosi in parole povere.

Il decreto impone di ubbidire agli ordini delle autorità competenti alle navi delle ONG di qualsiasi bandiera che effettuano salvataggi sia in acque italiane (12 miglia a largo delle nostre coste) sia in acque internazionali nelle zone SAR libica e maltese. Se le navi non ubbidiscono, al loro ritorno in Italia riceveranno sanzioni amministrative dalle autorità italiane: multe, blocco e/o sequestro della nave.

Qualche dubbio

Perché mai una nave di salvataggio battente bandiera non italiana che non ha ubbidito ad un ordine dato da un’autorità non italiana dovrebbe venire sanzionata dall’Italia?

Le sanzioni per chi non ubbidisce agli ordini in mare

Le sanzioni previste per le navi che non rispettano le disposizioni delle autorità sono di due tipi:

  • Nei casi di violazione del provvedimento la sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 50.000 e il fermo amministrativo per due mesi.
  • In caso di reiterazione della violazione commessa con l’utilizzo della medesima nave, la confisca della nave
  • quando il comandante della nave o l’armatore non fornisce le informazioni richieste dalla competente autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare nonché dalla struttura nazionale preposta al coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell’immigrazione clandestina o non si uniforma alle loro indicazioni, , si applica la sanzione amministrativa da euro 2.000 a euro 10.000 e il  fermo amministrativo per 20 giorni. In caso di reiterazione della violazione, la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo è di 2 mesi. In caso di ulteriore reiterazione della violazione, confisca della nave.

I ricorsi contro i fermi amministrativi e le multe alle navi delle ONG

Da gennaio 2023 a marzo 2024 ben 19 navi della ONG hanno subito fermi amministrativi per la violazione del decreto Piantedosi. Ad eccezione del veliero Mare*Go, tutte le organizzazioni  umanitarie hanno fatto ricorso.

Oggi (19 marzo 2023) la situazione è la seguente:

  • 3 ricorsi vinti dalle ONG (Ocean Viking, Sea Eye, Sea Watch) hanno sospeso i fermi e sollevato dubbi di incostituzionalità sul decreto legge Piantedosi.
  • 15 ricorsi sono ancora in tribunale

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