L’ambasciata italiana in Kenya nega il visto all’ultimo momento. Lo chef perde l’aereo e le vacanze.

Vi racconto questa ignobile vicenda perché, a mio parere, è il risultato diretto della politica xenofoba che sta insozzando il nostro paese.

La storia è semplice: lo chef Rodgers Oyango Omondi, che ha un lavoro fisso in un ristorante italiano di Nairobi, voleva venire in vacanza in Italia per poche settimane; ha fatto tutte le pratiche all’ambasciata italiana in Kenya per ottenere il visto turistico, aveva tutti i documenti in regola (compresa assicurazione e fideiussione) ma all’ultimo momento, poche ore prima di salire sull’aereo, l’ambasciata italiana ha negato il visto con la seguente motivazione:

“Vi sono ragionevoli dubbi sulla Sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto”.

Ora – mi chiedo – cosa altro deve fare un cittadino del Kenya per venire in vacanza in Italia?

Ho posto questa domanda all’ambasciata italiana in Kenya ma non mi ha ancora risposto. Quando (e se) lo farà pubblicherò qui la risposta.

Chi è lo chef Rodgers Oyango Omondi

Una carriera di successo, anni di studio, l’indiscutibile talento.

Partendo da una condizione sfortunata (da bambino era un orfano cresciuto in una discarica) oggi Il giovane chef (25 anni) è specializzato in cucina italiana.

Ha un curriculum di studi di tutto rispetto con diplomi presso l’italian food academy di Nairobi e lavori in manifestazioni importanti come l’italian week expo.

Vive e lavora a Nairobi, in un ristorante italiano. Ha un lavoro fisso, una bella vita, una carriera in ascesa.

Sogni nel cassetto: visitare l’Italia.

AGGIORNAMENTO: La storia di Rogers sta velocemente divenendo virale.

La lettera della mamma di Rogers

Pubblichiamo qui la lettera che ci ha inviato Myris, “mamma adottiva” dello chef Rodgers Oyando Omondi.

Mi chiamo Myris Settegrana, vivo a Torino, e vi scrivo con dolore e sconcerto per denunciare quanto è accaduto a Rodgers, il giovane uomo che considero mio figlio, nonostante un’adozione che non sia mai passata da un tribunale, ma direttamente dal cuore.

Tredici anni fa ho adottato a distanza Rodgers, un ragazzino orfano cresciuto nella discarica di Dandora, Nairobi. A differenza di tante adozioni a distanza “formali”, il nostro legame è diventato reale, continuo, autentico. Insieme alla mia famiglia non l’abbiamo mai abbandonato. Ci siamo scritti, parlati, visitati. Due volte sono andata a Nairobi. E da allora, non ho mai smesso di esserci. Per me, sono diventata la sua mamma.

Rodgers oggi ha 25 anni. Lavora come chef di cucina italiana in un ristorante rinomato di Nairobi, e il suo sogno era – da sempre – visitare l’Italia, conoscere il luogo dove vive la sua famiglia del cuore, assaporare la cultura che ha imparato a conoscere e amare.

Ci avevo provato all’epoca dei suoi 18 anni a farlo venire in Italia ma non ci ero riuscita. Lui ancora non lavorava e l’associazione con la quale l’avevo adottato non aveva voluto aiutarci.

Ci ho provato nuovamente quest’anno. Non ho chiesto aiuto all’associazione perché so come la pensano.

Ho provato però a fare tutto secondo le leggi.

Abbiamo lavorato mesi per costruire una richiesta regolare, documentata e trasparente di visto turistico.
Il 1° luglio ha sostenuto il colloquio presso l’Ambasciata, e gli è stato detto che tutto era in ordine. Gli è stato chiesto di attendere 15 giorni per il rilascio del visto.
Da lì, è iniziato un lungo silenzio. Abbiamo scritto, telefonato, chiesto chiarimenti. Rodgers si è recato di persona più volte.

Il 29 luglio, ci è stato assicurato che avrebbe ricevuto il visto il giorno dopo. Il 30 luglio, poco prima della chiusura dell’Ambasciata, gli è stato invece consegnato un modulo di diniego, con motivazione:

“Sospetto che non rientri più in Kenya.”

Una frase che cancella 13 anni di verità. Rodgers non è un migrante irregolare. Non stava cercando una scorciatoia. È un cittadino keniota orgoglioso di esserlo, con una carriera, un lavoro stabile, una vita.
Aveva dichiarato onestamente l’intenzione di viaggiare per turismo, in visita a chi gli vuole bene. Il suo volo era previsto per la notte tra il 30 e il 31 luglio.

Non solo abbiamo perso tutto: soldi, tempo, speranze, ma ci è stata negata la possibilità di fare ricorso, perché ci hanno tenuto in sospeso fino all’ultimo istante.
Questo non è solo un diniego burocratico. È una mancanza di rispetto verso una storia umana vera. È un’offesa per lui, e anche per noi che lo abbiamo amato e sostenuto per più di un decennio.

Vi chiedo aiuto.
Vi chiedo di non archiviare questa vicenda nel silenzio. Di ascoltarla per quello che è: un sogno spezzato, ma ancora vivo.
Non smetteremo di lottare finché Rodgers non potrà vedere questo Paese che considera parte della sua vita.

E mi sento di voler lottare non solo per lui ma per tutti questi ragazzi che sono prigionieri del loro continente, che nonostante siano adulti e abbiano un lavoro di tutto rispetto, non sono liberi.

Con rispetto e determinazione,

Myris Settegrana

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